Rigopiano, il 118 capì subito la gravità dell'allarme: 80 minuti persi in Prefettura prima dei soccorsi

Sabato 28 Gennaio 2017 di Giovanni Sgardi
Rigopiano, il 118 capì subito la gravità dell'allarme: 80 minuti persi in Prefettura prima dei soccorsi
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PESCARA Svolta nell'inchiesta su Rigopiano. La Squadra Mobile di Pescara ha accertato che il 118 capì subito la gravità di quanto accaduto nell'hotel, ma nonostante questo i soccorsi scattarono solo dopo 80 minuti. E' il primo punto fermo dell'indagine del procuratore Cristina Tedeschini, con la collaborazione degli uomini del dirigente Pierfrancesco Muriana. Altri filoni sono affidati ai carabinieri-forestali.

La novità è la prima segnalazione della tragedia, con la successiva catena di equivoci che hanno provocato un’ora e 20 minuti di ritardo nella partenza dei soccorsi. Solo le 17,40 del 18 gennaio e il cuoco Giampaolo Parete, sopravvissuto all’urto della massa di neve, chiama il 118. La telefonata, dalla centrale di Chieti, passa a Pescara. L’operatrice, molto esperta, nonostante la linea disturbata, capisce le parole “valanga”, “dispersi”, “crolli”. Dirà alla Polizia di essersi resa conto che la situazione era grave.
 

 


Ma, come da protocollo, invia la segnalazione alla Centrale coordinamento soccorso allestita in Prefettura. Parla con una collega e un dirigente medico che s’impegnano a verificare l’emergenza. Poi il balletto delle incomprensioni, già noto. Si tenta un nuovo contatto con Parete, a vuoto. Poi con il telefono fisso del resort, già crollato. Infine con il direttore del Rigopiano Bruno Di Tommaso, che è a Pescara, e risponde «’mo li ho sentiti, è tutto a posto», quando il whatsapp dall’albergo risalirebbe a parecchio tempo prima. Qualcuno si ricorda del crollo di una stalla di Farindola, pensano a uno scambio di strutture. Poi arrivano le chiamate di Marcella, datore di lavoro di Parete, e l’addetta della Prefettura, convinta che ormai fosse tutto chiarito, gli ribatte con la famosa “bufala” che circolerebbe sul disastro. Una commedia dell’assurdo che prosegue fino alle 19, quando Parete richiama dal cimitero di ghiaccio. E allora non ci sono più dubbi, è successo qualcosa di grosso, ma le intense nevicate hanno già sbarrato la strada ai soccorritori.

Secondo punto dell'inchiesta. Almeno un paio di giorni prima della strage l’allarme valanghe, passato da 2 a 4, era stato trasmesso da meteomont alla Prefettura bypassando i Comuni, proprio come vuole il protocollo nei casi di massimo rischio. Al momento non risulta che l’autorità di Governo avesse messo in atto misure di prevenzione, ma il passaggio è ancora sotto il faro degli investigatori. Quindi l’impercorribilità della strada che porta a Rigopiano. Agli atti risulta che alle ore 10 del 18 gennaio stava operando a Penne una turbina dell’Anas. Nonostante le preoccupazioni dei gestori dell’hotel che chiedevano l’intervento di un mezzo spazzaneve e la paura dei clienti, nessuno ha pensato a dirottare quella turbina nella zona di Farindola che ragionevolmente, fino al primo pomeriggio, ragionevolmente poteva essere liberata dalla morsa della neve fresca. Quando invece la colonna dei soccorsi messasi in moto di notte è stata ostacolata soprattutto dagli alberi sradicati e dai blocchi di neve della valanga.

Il fascicolo aperto dal procuratore Cristina Tedeschini e dal sostituto Andrea Papalia, è ancora contro ignoti e anche le ipotesi di reato sono rimaste le stesse: disastro colposo, per tutto quello che attiene i fatti ante valanga, e omicidio plurimo colposo per ciò che ha riguardato il post valanga. I punti principali dell’inchiesta restano quelli relativi alla costruzione dell’albergo, e dunque al fatto se la struttura poteva essere realizzata in quel posto, alla base del canalone, dove ha acquistato velocità inaudita la valanga arrivando a spostare la struttura di una decina di metri più a valle.
 

Ultimo aggiornamento: 30 Gennaio, 09:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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