Milano, assolto l'assassino di Nadia, i genitori: «Se vieni considerato matto non ti fai neanche un giorno di galera»

Sabato 30 Giugno 2018 di Claudia Guasco
Milano, assolto l'assassino di Nadia, i genitori: «Se vieni considerato matto non ti fai neanche un giorno di galera»
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MILANO «Quell’animale non si farà nemmeno un giorno di galera. Il concetto che passa con questa sentenza di assoluzione è che se vieni considerato matto puoi fare qualsiasi cosa senza che ti possa succedere niente». Giuseppa e Salvino, i genitori di Nadia Pulvirenti, non si danno pace. La loro figlia aveva venticinque anni, era una ragazza generosa che amava il suo lavoro. Il 24 gennaio 2017 è stata aggredita e uccisa dall’uomo di origini marocchine, 55 anni, che seguiva nel percorso di cure psichiatriche all’interno della comunità Clarabella di Iseo, nel bresciano. Lo scorso maggio il gup del tribunale di Brescia ha assolto Abderrhaim El Mouckhtari: incapace di intendere e volere, è la sentenza.

NUOVO FASCICOLO
Dovrà trascorrere dieci anni in una Rems, struttura che ha sostituito gli ospedali psichiatrici giudiziari, secondo ricovero dopo il periodo trascorso un anno fa nell’opg di Montelupo Fiorentino. Il verdetto, per i genitori di Nadia, è inaccettabile: «Per noi non è così. Doveva essere riconosciuta la seminfermità: qualche mese prima aveva già tentato di aggredire un altro ospite della comunità ed era in una fase di stabilità mentale. Le responsabilità sono anche di chi lo ha seguito da un punto di vista medico e non ha garantito la sicurezza di Nadia che si è trovata da sola in una stanza con un orco di due metri». La Procura di Brescia ha aperto un fascicolo parallelo nei confronti di sette tra medici e responsabili della struttura di recupero. Concorso colposo in un reato doloso è l’ipotesi di reato contestata dal sostituto procuratore Erica Battaglia che alla fine dell’estate, una volta terminati gli ultimi accertamenti, dovrebbe chiudere le indagini.

«PERCHE’ AVEVA DEI COLTELLI?»
Per Salvino e Giuseppa Pulvirenti la morte di Nadia è conseguenza di comportamenti professionali che non dovrebbero essere permessi dai protocolli: «Dovevano essere in due quel giorno nell’appartamento della comunità in cui è avvenuto l’omicidio.
Nadia non poteva essere lasciata sola». Ora i genitori confidano nei risultati dell’inchiesta ancora in corso. E continuano a chiedersi: «Perché quell’uomo poteva avere nella stanza in cui viveva dei coltelli? Quei diciannove colpi inferti meritavano un prezzo differente. Nostra figlia non ce la ridà più nessuno».
Ultimo aggiornamento: 21:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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