Migranti, Salvini pensa a un decreto per «sigillare» le acque alle Ong

Venerdì 1 Febbraio 2019 di Marco Conti
Migranti, Salvini pensa a un decreto per «sigillare» le acque alle Ong
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Mentre Silvio Berlusconi invita il quasi alleato Matteo Salvini «a rimpatriare i 600 mila clandestini» come aveva promesso, al Viminale si mette a punto un nuovo decreto sicurezza che dovrebbe permettere di «sigillare» le acque territoriali italiane alle Ong.

IL TENTATIVO
Al lavoro i tecnici dei ministeri dell'Interno e delle Infrastrutture e ieri i due ministri hanno accennato all'obiettivo in due diverse interviste tv. «Non pensiamo ad un blocco navale, stiamo creando una norma che inibisca l'ingresso delle Ong per ordine pubblico», ha spiegato Danilo Toninelli confermando, semmai ce ne fosse stato bisogno, che i porti non sono stati mai chiusi. Il tentativo di intervenire con ordinanze sembra fallito, ma non meno complicato è trovare, anche attraverso una legge, un meccanismo che non incappi in qualche convenzione internazionale. Non è infatti facile impedire l'accesso di una nave che ha effettuato un salvataggio in mare. La Convenzione di Amburgo parla infatti chiaro quando dice che è obbligo di chiunque salvare ogni persona in pericolo in mare e trasferirla in un luogo sicuro. L'idea sarebbe infatti quella di considerare la Ong non navi che salvano ma che trasportano migranti e quindi, come navi in transito, bloccarne il passaggio dentro le acque territoriali facendo appello alla Convenzione delle Nazioni Unite che permette il blocco qualora le operazioni di carico e scarico avvengono in violazione delle leggi sull'immigrazione vigenti nello Stato.

Considerare le navi delle Ong come una sorta di traghetti è il passaggio fondamentale anche se non è esente da contestazioni. Soprattutto occorrerà vedere se il M5S, al di là della buona volontà del ministro Toninelli, avrà voglia di concedere a Salvini un nuovo decreto sicurezza.

Nel frattempo, completato lo sbarco, dovrebbe presto avviarsi l'opera di distribuzione dei migranti nei paesi che hanno dato la loro disponibilità e che sono, tutti o quasi, gli stessi finiti a vario titolo nel mirino dei due vicepremier. Infatti il paradosso in cui si agitano Di Maio e Salvini non è da poco, visto che nessuno dei Paesi amici di Visegrad, si è fatto avanti. Nè l'ungherese Orban o il polacco Kaczynski che in una intercettazione avrebbe candidamente ammesso che «in Polonia non funziona lo stato di diritto». Tra i Paesi che si sono fatti avanti c'è anche Malta che però ieri ha fatto sapere che «l'Italia è l'unico Paese a non aver rispettato gli impegni di redistribuzione nello sbarco di gennaio». Come dire che stavolta si fanno i conti tra dare e avere e che, quindi, l'Italia - forse - non si terrà uno solo dei 47.

Tutto tace, invece, sul fronte diplomatico. La revisione del trattato di Dublino, affossata anche dall'Italia e che permetterebbe di rivedere il principio del Paese di prima accoglienza, resta un mero proposito. Così come il governo sembra non avere molto interesse a proseguire la missione Sophia.

 

Ultimo aggiornamento: 11:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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