Migranti, l’Italia non apre Lampedusa: prima l’intesa in Europa, poi i centri

Mercoledì 16 Settembre 2015 di Valentina Errante
Migranti, l’Italia non apre Lampedusa: prima l’intesa in Europa, poi i centri
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Tutto annullato. L’Italia si ferma e torna ad aspettare. Dopo il deludente vertice di ieri, finito con l’ennesimo rinvio, il governo sospende l’avvio delle procedure previste dalla Commissione europea: oggi il sistema di identificazione e fotosegnalamento (hotspot) non entrerà a regime come era stato previsto. La linea del Viminale è concordata con Palazzo Chigi.



Il piano di redistribuzione dei 24mila migranti, già approvato dal Consiglio Ue, non è immediatamente operativo e ancora più lontana appare la redistribuzione di altri 120mila. Così come rimane aleatorio il piano europeo per l’attivazione di un sistema di riammissione dei migranti economici. La convocazione di un altro vertice straordinario, calendarizzato per il 22 settembre, sembra alla fine uno spiraglio. Ma non basta.



RINVIO

«Nei prossimi due mesi partiranno le prime ridistribuzioni di richiedenti asilo dall’Italia verso l’Europa e poi faremo partire gli hotspot»: è mattina quando il ministro dell’interno Angelino Alfano annuncia lo stop. A Matteo Renzi lo scontro andato in scena ieri a Bruxelles è piaciuto poco. Poche ore dopo il vertice al Viminale tra Alfano, il capo della polizia, Alessandro Pansa, e il numero uno del Dipartimento Diritti civili ed Immigrazione, Mario Morcone, serve soltanto per bloccare la tabella di marcia. E così l'apertura a Lampedusa del primo hotspot (i centri dove le forze dell'ordine italiane, affiancate da funzionari Easo, Frontex ed Europol, dovrebbero distinguere tra chi ha diritto all'asilo e chi va rimpatriato) slitta. L’attenzione si concentra, invece, sul Cara di Mineo, che attualmente ospita 2.900 persone. Il Viminale comincerà nei prossimi giorni a liberare i posti, fino ad arrivare a 2000 presenze.



IL CONSIGLIO STRAORDINARIO

L'apertura delle nuove strutture in Italia e Grecia è stata sollecitata ancora ieri da Angela Merkel, che ha anche chiesto un Consiglio europeo straordinario. Invece saranno ancora i ministri a occuparsi dell’emergenza. Dettaglio non da poco per l’Italia. L’approvazione del documento con una maggioranza qualificata da parte del Consiglio europeo sarebbe un passaggio inconsueto rispetto a un voto, con le medesime modalità, espresso dai ministri. Il 22 si tornerà a parlare di “relocation”.



Di fatto il documento che prevedeva «le misure provvisorie in materia di protezione internazionale a beneficio di Italia e Grecia», formalmente adottate ieri, prevedeva che «in parallelo entrassero in vigore i rigidi meccanismi operativi entro il 16 settembre in Italia e in Grecia per garantire l'identificazione, la registrazione e le impronte digitali dei migranti; per identificare le persone bisognose di protezione internazionale e sostenere la loro ricollocazione e identificare i migranti irregolari da riammettere».



L’EMERGENZA

Adesso che Francia e Germania minacciano la chiusura delle frontiere, il flusso che arriva in Italia rischia di non avere sbocchi facendo saltare un sistema d'accoglienza già al limite. E mentre i vertici della polizia puntano sul potenziamento dei Cie, i centri ai quali sono destinati i migranti economici, a preoccupare il Viminale c’è anche un altro aspetto: i profughi che si trovano bloccata la via dell'Ungheria potrebbero piegare verso i confini italiani, si valuta così un potenziamento dei controlli alla frontiera nordorientale, a cominciare da Gorizia.

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