Per aver cercato di vendere una scultura di Fausto Melotti, poi rivelatasi non autentica, Johnny Dorelli dovrà affrontare un nuovo processo.
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La storia
Al centro della vicenda per cui ora l'attore 86enne è nei guai c'è 'Tre tempì, scultura in oro e argento 30x30x6 centimetri, attribuita negli anni '70 dalla Galleria Marlborough a Melotti. Tra il 2017 e il 2018, Dorelli per metterla in commercio si rivolse a Christiès a Milano per una valutazione e un expertise. La casa d'aste, come è sua prassi, contattò la Fondazione di riferimento dell'artista che disconobbe l'opera per difformità nella punzonatura di firma dell'artista rispetto all'originale. L'attore, dal canto suo, ha spiegato di «non essere conoscitore delle tecniche dell'artista» e di aver comprato la scultura perché gli piaceva, aggiungendo di averla fatta restaurare da uno specialista che in aula ha confermato di non essersi accorto della falsità.
Il nuovo processo
Per il giudice, quindi, Dorelli non è responsabile del reato poiché «non può dirsi raggiunta la prova incontrovertibile dell'elemento psicologico», cioè del dolo. Non così per il pubblico ministero Crupi che con poche pagine di ricorso ha chiesto alla Corte d'Appello di ribaltare la sentenza: da un lato si contesta la mancata confisca obbligatoria o l'assenza di ulteriori accertamenti da parte di un perito, necessari, invece, per «impedire la circolazione di opere d'arte contraffatte ma vendute come autentiche» ed evitare «non solo la prosecuzione di una condotta criminosa ma anche» un «grave pregiudizio al mercato delle opere d'arte che già di per sé presenta problematiche in termini di tracciabilità». Dall'altro lato, per la Procura, Dorelli, oltre al fatto di non essere riuscito a fornire alcun tipo di documentazione o prova relativa all'acquisto, potrebbe essere stato «consapevole della non autenticità» della scultura a causa di «un'alterazione grossolana» della punzonatura che «avrebbe certamente potuto destare il sospetto»