Clochard bruciato vivo a Palermo, vittima e omicida condividevano la mensa

Domenica 12 Marzo 2017
Clochard bruciato vivo a Palermo, vittima e omicida condividevano la mensa
2

In quell'arcipelago di quartieri e d'identità che è Palermo, il clochard Marcello Cimino si è trovato a vivere da straniero «ai Cappuccini», come chiamano in città la zona che ospita le Catacombe - un chilometro in linea d'aria dal rione dov'era nato -, dove nella notte tra venerdì e sabato il benzinaio quarantaseienne Giuseppe Pecoraro gli ha dato fuoco mentre l'ex idraulico, separato e senza lavoro, dormiva sotto i portici della Missione San Francesco dei frati cappuccini.

In quell'angolo qualcuno ha poggiato dei fiori contro le pareti affrescate e annerite dalle fiamme.


 
 

L'assassino, separato, lavorava come impiegato in una stazione di servizio, a pochi metri di distanza dalla struttura religiosa, che frequentava con regolarità, dividendo la mensa con altri ospiti e anche con l'uomo che - secondo le sue fantasie - voleva portargli via la donna. Qualche sguardo di troppo, da parte dell'«intruso» Cimino, ha fatto scattare in Pecoraro la furia omicida. Il movente della gelosia è quello riferito dal reo confesso ai poliziotti, che ieri sera l'hanno arrestato; ha vuotato il sacco dopo aver tentato di negare ogni addebito, giustificando il suo orribile gesto con la paura che Marcello potesse strappargli la fidanzata, e non mostrando alcun segno di pentimento. Brigida Alaimo, avvocato dell'assassino, dice che il suo cliente davanti agli agenti era ansioso e confuso e ha chiesto di prendere gli psicofarmaci che assumerebbe con regolarità a causa di una malattia psichiatrica; pillole che gli sono state negate, in attesa di una visita medica in carcere. 

Cimino - due figlie di 16 e 17 anni alle quali era molto legato e che aveva incontrato qualche giorno fa, separato, descritto non solo dai familiari come un uomo mite e generoso - aveva avuto un alterco con il benzinaio. La polizia ci ha messo un pò ad avere conferme dai testimoni che avevano assistito al litigio davanti a un negozio di frutta e verdura del quartiere. Ed è stato questo episodio, noto nel quartiere - ancor più delle immagini di una videocamera di sorveglianza che riprendono una persona incappucciata nell'atto di lanciare una secchiata di benzina su un mucchio di stracci che coprivano un essere umano - a portare gli investigatori sulle tracce di Pecoraro, rintracciato ieri sera per strada, appena rasato e con le mani in tasca per coprire le lievi ustioni che si era procurato agli arti. 

Quello della gelosia è finora l'unico movente, al quale forse si aggiunge l'inconfessata paura dello «straniero», la cui diversità consisteva nel poter sorridere incrociando lo sguardo di una donna; un gesto temerario nel giudizio dell'assassino, che è costato la vita all'intruso dei Cappuccini, che «non era un clochard, era un uomo e si chiamava Marcello Cimino, assassinato nel modo più barbaro possibile», ricorda oggi il ministro dell'Interno Marco Minniti. 

Lunedì Pecoraro, accompagnato dai suoi due avvocati, comparirà davanti al Gip per l'udienza di convalida. I familiari della vittima probabilmente saranno assistiti dal legale Giuseppe Giamportone, che si è offerto gratuitamente. Un segno di solidarietà che si somma a quello espresso domenica sera a Palermo da numerosi cittadini che in corteo - in testa il sindaco Leoluca Orlando, presenti la ex moglie e le due figlie di Cimino - hanno partecipato a una fiaccolata da piazza Cappuccini fino alla Missione San Francesco. 

 

Ultimo aggiornamento: 13 Marzo, 09:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci