Casa Montecarlo, Pdl: Fini si dimetta
Pm: nessun motivo convocare leader Fli

Lunedì 9 Agosto 2010
Gianfranco Fini ed Elisabetta Tulliani
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ROMA (9 agosto) - Non si placano le polemiche all'indomani delle dichiarazioni di Gianfranco Fini sulla vendita della casa di An a Montecarlo, ora in affitto al fratello della compagna di Fini, Elisabetta Tulliani. Il Giornale e il portavoce del Pdl invitano il presidente della Camera alle dimissioni, mentre il ministro Matteoli parla di situazione imbarazzante. La Russa apprezza il chiarimento di Fini, ma dichiara di non capire perché all'epoca nessuno lo avesse avvisato della vendita, quando lui era reggente di An. Italo Bocchino, invece, parla di una vicenda «senza illeciti» che fa riflettere «sulla ossessiva campagna mediatica dei giornali del premier» e sul «metodo della bastonatura mediatica» avviata da Berlusconi per «piegare Fini alla sua linea». E intanto Berlusconi, in una lettera ai Club della libertà, dice basta ai disfattismi e ai personalismi.



La Procura di Roma non ha intenzione per ora di convocare Gianfranco Fini, per sentirlo a proposito dell'inchiesta sulla casa di Montecarlo. A Piazzale Clodio si indaga contro ignoti, per truffa aggravata. Allo stato - si precisa nella città giudiziaria - non c'è motivo di convocare Fini, ma si procede nell'attività di acquisizione dei dati sulla compravendita dell'immobile e sulla congruità del prezzo di cessione da parte di Alleanza Nazionale.



Inoltrata intanto al Principato di Monaco, la rogatoria internazionale della Procura di Roma, vota a fare luce sul caso dell'immobile ereditato dalla contessa Anna Maria Colleoni. La richiesta, firmata dal procuratore aggiunto Pier Filippo Laviani, è stata inviata al ministero della Giustizia, e da qui sarà «girata» alle autorità monegasche. Con questa iniziativa gli inquirenti intendono acquisire la documentazione relativa ai passaggi di proprietà della abitazione e, soprattutto, accertare se l'immobile sia stato ceduto dal partito ad un prezzo congruo, in linea con il valore di mercato.



Sul caso pende l'ipotesi di un'impugnazione del testamento da parte di un lontano nipote ed erede della nobildonna, il quale potrebbe decidere di sollecitare un accertamento dell'adempimento testamentario. Il testamento fu redatto nel 1997 dalla contessa Colleoni la quale, senza figli né marito, decise di lasciare tutti i suoi beni ad Alleanza Nazionale. Nello stesso atto nominò legatari di un singolo bene ciascuno due lontani nipoti: Paolo e Aurora Fabri, destinatari rispettivamente di una proprietà immobiliare e di alcuni beni mobili custoditi nel caveau di un istituto di credito. Il resto doveva andare ad Alleanza Nazionale affinchè continuasse la «buona battaglia».



Berlusconi: basta con disfattismi e personalismi. «Una mobilitazione permanente è necessaria per contrastare i disfattismi e i personalismi di chi antepone i propri particolari interessi al bene di tutti, al bene del Paese - scrive il premier ai Club della libertà - In questi ultimi dieci giorni, mentre altri producevano le solite chiacchiere, noi abbiamo approvato quattro importanti provvedimenti. Abbiamo agito bene, ma bisogna comunicarlo. Per questo motivo vi chiedo di essere il megafono dell'azione di governo sul territorio».



Capezzone: per coerenza Fini si dimetta. «Se Gianfranco Fini vuole compiere un atto di dignità e non di viltà politica, deve rassegnare le dimissioni da presidente della Camera - dice il portavoce del Pdl - Le sue dimissioni sono ormai inevitabili per due ragioni. Primo: è ormai un caso pubblico, per milioni di cittadini, la scarsa trasparenza della situazione relativa alla casa monegasca, e quelle fornite ieri da Fini sono delle "non spiegazioni". Secondo: Fini non è più super partes, e da tempo, nella sua funzione di terza carica dello Stato. E' inaccettabile che Fini intervenga quotidianamente nel dibattito politico, per dividere anziché per unire, trasformando una funzione di garanzia in un ruolo di capo fazione che organizza la sua corrente e trama contro il governo e la maggioranza scelti e confermati dagli italiani. Tutto ciò non è più accettabile».



«Fini come Scajola» titola "Il Giornale" e lancia una campagna per chiedere le dimissioni dalla presidenza della Camera con tanto di tagliando da compilare e firmare. «Fini è come Claudio Scajola - scrive Feltri nell'editoriale - che, poverino, è diventato proprietario di una casa, ma ignora la provenienza dei soldi con cui è stata pagata». Per Feltri, il presidente della Camera «non chiarisce nulla sull'appartamento finito in mano al cognato. Sarà lecito, ma è anche molto brutto, che il paladino della legalità alieni a prezzo stracciato una casa donata ad An da un'iscritta e che poi quella casa risulti abitata dal cognato. La nostra non è un'operazione politica basata su dossier e organizzata da Berlusconi, bensì una normale inchiesta giornalistica». Con la raccolta firme «desideriamo dargli una mano a rompere gli indugi e incoraggiare Fini a fare il proprio dovere: lasciare la presidenza della Camera e limitarsi ad essere il leader di Futuro e libertà».



Bocchino: campagna ossessiva del premier per piegare Fini alla sua linea. Una vicenda «senza illeciti», dice Italo Bocchino, che fa però riflettere «sulla ossessiva campagna mediatica dei giornali del premier, sul metodo della bastonatura mediatica cui «Berlusconi ha dato vita, o che ha tollerato con l'unico obiettivo di piegare Fini alla sua linea». Agli «ex An ricordo che nel 2006 vollero mettere il nome di Gianfranco nel simbolo: portava voti, e maggiori rimborsi elettorali, cioè soldi».



Le accuse rivolte a Gianfranco Fini sono «assolutamente prive di fondamento», dice Bocchino all'Ansa. «Dietro a questa campagna non ci sono ragioni di merito: sarebbe come chiedere le dimissioni di Silvio Berlusconi per come ha comprato per quattro soldi villa Macherio dalla Casati Stampa di cui Cesare Previti era il tutore».



La Russa: perché nessuno mi avvisò quando ero reggente di An? Il ministro della Difesa apprezza il chiarimento di Fini, ma continua a «non capire perché nessuno lo avvisò della vendita della casa di Montecarlo quando era «reggente di An». La Russa ribadisce di non aver saputo «assolutamente nulla», all'epoca, di una vicenda che segue «con tristezza»: l'essere stato «tenuto all'oscuro di una cosa tanto banale gli lascia ancora qualche dubbio. Non c'era obbligo di comunicarmi acquisti e vendite, ma il dovere politico direi di sì. Nei bilanci non ci sono i dettagli delle compravendite. E non ne sapevano nulla neppure Gasparri o Matteoli. Io questa storia l'ho appresa dal Giornale e mi è sembrata talmente stravagante che all'inizio ho pensato a un errore». Giancarlo Tulliani l'ho incontrato una sola volta. E mi è bastato. Mai sentito nessuno che parlasse di lui in maniera entusiastica. Elisabetta, invece, è sinceramente e profondamente innamorata di Gianfranco e non è mossa da alcun motivo di interesse».



Matteoli: proprietà sfilata a tutto il partito, è imbarazzante. «Scoprire oggi che una proprietà del partito è stata sfilata a quel modo non è accettabile. E' oggettivamente imbarazzante - dice il ministro per le Infrastrutture Altero Matteoli - La dichiarazione di Fini, tutta sulla difensiva, non chiarisce. E non modifica nulla. Anche perché il nodo è politico». Matteoli dice, come gli altri dirigenti di An, di non aver mai saputo nulla dell'operazione. «Immagino - dice - le difficoltà che avrà Fini d'ora in poi nell'occupare un ruolo di garanzia che richiede assoluta obiettività e serenità. Ad ogni passo gli contesteranno questa storia. Lo scontro sarà aspro alla ripresa. Ma è stato lui a pregiudicare la sua posizione». Non si può dare nulla per scontato, invece, sui rapporti interni alla maggioranza, perché c'è chi vuole andare allo scontro, come i Bocchino, i Granata, ormai iscritti al partito dell'antiberlusconismo, e chi invece «cerca il dialogo. Certo, meglio evitare le elezioni anticipate, ma non possiamo neanche vivere nel costante ricatto di 33 persone in aula».
Ultimo aggiornamento: 7 Aprile, 18:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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