Tagli al Reddito e fiducie, M5S teme defezioni in aula

Martedì 18 Dicembre 2018 di Francesco Lo Dico
Tagli al Reddito e fiducie, M5S teme defezioni in aula
La proroga ai balneari, gli incentivi agli inceneritori, il reddito di cittadinanza che si sgonfia come un soufflé. E in mezzo tanti, troppi, decreti. Approvati a colpi di fiducia. Agganciate all'ottovolante della manovra, le truppe pentastellate sono in fibrillazione da giorni, immerse in un caos di provvedimenti ed emendamenti di cui alcuni ormai non hanno nemmeno più cognizione.

BARZELLETTA
«Non sappiamo più nemmeno che cosa votiamo, non c'è nemmeno il tempo di capire. Così non si può andare avanti, il Parlamento è diventato una barzelletta», è lo sfogo di un parlamentare stellato. Spia del forte malumore interno è il diktat piombato ieri dai vertici sulla testa del corpaccione grillino nell'intento di scongiurare possibili defezioni. Lo spauracchio della norma salva peculato riaffora di nuovo a Montecitorio. Nuovi incidenti sarebbero per il Movimento un grave smacco. «Annullate le missioni e siate presenti in Aula, perché ci saranno voti segreti», recita perentorio l'sms che ieri ha chiamato al voto tutte le truppe. Segno che sulla spazzacorrotti i grillini si giocano la faccia. in un lungo post sul blog, Di Maio fa appello all'anima più pura del Movimento, paragonando la sua storia a quella dei fratelli Wilbur e Orville Wright che nel 1903, riuscirono nell'impresa del primo volo. E lo stesso beppe Grillo è venuto a Roma per rilanciare uno dei temi identitari del Movimento: l'ambiente. La preoccupazione che si addensa nel quartier generale stellato, non è del resto peregrina.

ALLARME TAGLI
Perché nelle chat dei parlamentari si fa sempre più corposa l'ansia per un'altra misura simbolo del Movimento come il reddito di cittadinanza. Il taglio di due miliardi inflitto al sussidio per far quadrare i conti in manovra ha scatenato l'allarme. Perché si fonda su una specie di azzardo. Fonti di Palazzo Chigi hanno spiegato che le risorse basteranno per il 90 per cento della platea potenziale. Si scommette cioè che un cittadino su dieci, tra quelli che hanno diritto al sussidio, non ne farà richiesta. «Ma se così non fosse per noi sarebbe la fine, qui va a finire che pure noi vareremo gli 80 euro di Renzi, però firmati da Di Maio», si avvilisce un pentastellato. Ma ad accendere le perplessità di altri è anche il fitto mistero che avvolge la platea destinataria del reddito. Il timore è quello che la montagna, alla fine partorisca un topolino. «A furia di paletti come quello dei 5mila euro sul conto corrente, ci troveremo milioni di elettori esclusi che ci si rivolteranno contro», è l'analisi di un colonnello grillino. Troppa confusione, troppa fretta. Troppa ansia di celebrare il trionfo prima delle europee con il rischio di trasformarlo in un boomerang.

«Dovevamo prima riformare i centri per l'impiego che al Sud non sono informatizzati, e poi dare il via alle erogazioni. Così rischiamo di avverare i pronostici di chi parla di una misura assistenzialistica», è la diagnosi che affida al Messaggero la senatrice M5s Elena Fattori. Che conferma come l'aria di buriana che soffia tra i suoi compagni d'avventura, vada ben al di là del reddito di cittadinanza. Il rally della manovra non ha fatto altro che accentuare lo scontento delle truppe grilline per il metodo di governo seguito in questi mesi che a colpi di fiducia ha annichilito le funzioni del Parlamento. «Non possiamo rassegnarci a essere dei pigiabottoni, in questi mesi noi parlamentari siamo stati esautorati ma i vertici ci hanno dato garanzie che le cose a gennaio cambieranno», dice Fattori.

SUCCUBE
Parlamento succube del governo. È una contestazione che condividono in molti, dentro al Movimento. La stessa emersa al tempo delle defezioni sul decreto sicurezza alla Camera, che ora torna però a farsi pressante. Anche perché pienamente condivisa - racconta chi lo conosce bene - anche dal presidente della Camera Roberto Fico, che già nel suo discorso di insediamento spese parole nette sulla centralità del Parlamento ed è molto adombrato per l'eccessivo ricorso ai decreti. I vertici del Movimento ne sono al corrente.
Tanto che il ministro Fraccaro e il capogruppo al Senato Stefano Patuanelli avrebbero garantito che a breve ci sarà un cambio di passo: «Da gennaio faremo in modo di coinvolgere di più il Parlamento una volta chiuso questo ciclo difficile...». La promessa è stata accolta però da qualcuno con una punta di scetticismo. «Se tra un paio di mesi non sarà cambiato niente confessa un parlamentare stellato farò bene a starmene a casa. Inutile andare in Parlamento, se il Parlamento non conta niente».
 
Ultimo aggiornamento: 10:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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