Renzi: un patto Berlusconi-D'Alema per il Presidente della Repubblica. Così saltò l'accordo del Nazareno

Martedì 11 Luglio 2017
Renzi: un patto Berlusconi-D'Alema per il Presidente della Repubblica. Così saltò l'accordo del Nazareno
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"Quando, a fine gennaio del 2015, si tratta di votare per il Quirinale, Berlusconi mi chiede un incontro, che resterà, ma io non posso ancora immaginarlo, l’ultimo per anni. Perché quando si siede – accompagnato da Gianni Letta e Denis Verdini – mi comunica di aver già concordato il nome del nuovo presidente con la minoranza del Pd. Mi spiega infatti di aver ricevuto una telefonata da Massimo D’Alema, di aver parlato a lungo con lui e che io adesso non devo preoccuparmi di niente, perché “la minoranza del Pd sta con noi, te lo garantisco”".

Comincia così uno dei capitoli più interessanti del libro di Matteo Renzi, "Avanti", anticipato dall'ultimo numero di Democratica, dedcato al fallimento del patto del Nazareno.

"Te lo garantisco?", continua il racconto di Renzi. "Lo stupore colora – o meglio sbianca – il volto di tutti i presenti. Berlusconi ha sempre un modo simpatico di raccontare la realtà. La sua ricostruzione della telefonata con D’Alema è divertente, ma lascia tutti i partecipanti al tavolo senza parole. Non solo non avevamo mai inserito l’elezione del capo dello stato nel Patto del Nazareno, ma l’idea che Berlusconi abbia già fatto una trattativa parallela con la minoranza del mio partito sorprende anche i suoi. In quel momento – sono più o meno le due di pomeriggio del 20 gennaio –, nel salotto del terzo piano di Palazzo Chigi, capisco che il Patto del Nazareno non esiste più: il reciproco affidamento si è rotto.

N on è un problema di nomi: la personalità su cui Berlusconi e D’Alema si sono accordati telefonicamente è di indubbio valore e qualità. Ma è anche difficile da far accettare ai gruppi parlamentari – sempre pronti a esercitare l’arte del franco tiratore – e all’opinione pubblica. E poi c’è un fatto di metodo, prima ancora che di merito. Io ho scelto un percorso trasparente e partecipato, con tanto di streaming, dentro il Pd e davanti al paese per evitare di tornare allo stallo del 2013. Sono impegnato in un iter parlamentare difficilissimo per condurre una maggioranza su un nome condiviso. E in una sala ovattata al terzo piano di Palazzo Chigi devo scoprire che si è già chiuso un accordo tra Berlusconi e D’Alema, prendere o lasciare? E, come se non bastasse, da questo prendere o lasciare dipende la scelta se continuare o meno con il percorso di riforme, che pure erano state scritte insieme".

Da quel momento, conclude il segretario del Pd,  Berlusconi gli dichiara guerra, vanificando l’approccio condiviso alle riforme che fino ad allora era stato strettissimo. "Già, perché le riforme istituzionali le abbiamo votate insieme, specie nelle prime letture, e molti dei campioni della campagna per il No al referendum in realtà avevano votato Sì in Parlamento. Questo dovrebbe far riflettere a lungo sulla natura politica del voto referendario".
Ultimo aggiornamento: 12 Luglio, 13:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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