I leader a caccia di 3,5 miliardi: torna l’ipotesi Imu alla Chiesa

Domenica 16 Dicembre 2018 di Marco Conti
I leader a caccia di 3,5 miliardi: torna l’ipotesi Imu alla Chiesa
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Lavoro finito. Tocca ora alla politica decidere. I tecnici del Mef, guidati dal direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera, sono rientrati ieri a Roma dopo tre giorni di lavoro con le strutture finanziarie della Commissione. Sulla bozza tecnica si è lavorato anche ieri sera negli uffici di via XX Settembre, ma entro oggi il testo dovrebbe essere trasmesso a palazzo Chigi.
LA TENUTA
Per scongiurare la procedura d’infrazione occorre che la maggioranza decida quale soluzione scegliere per far rientrare nei parametri il debito strutturale che a Bruxelles interessa molto di più di quello nominale che «non si tocca», come ha ripetuto ieri l’altro anche il presidente del Consiglio. Resta il fatto che dal lavoro dei tecnici è emerso che il 2,4% fissato la notte del balcone era in realtà uno 2,6% e quindi che per arrivare ad un 2,04% effettivo occorre recuperare - oltre ai 6,5 miliardi già tagliati - altri 3,5 miliardi. La tenuta dove dare la caccia alle risorse non è molto estesa perché Reddito e Quota 100 assorbono la maggior parte delle risorse e per questa sera il presidente del Consiglio Giuseppe Conte chiama a raccolta M5S e Lega per decidere da che parte orientare le forbici. A palazzo Chigi si ritroveranno con Conte i due vice Di Maio e Salvini, i ministri Fraccaro e Tria e i sottosegretari Garavaglia e Castelli. Risorse per un miliardo sono state già trovate bloccando le assunzioni nella pubblica amministrazione, prevedendo gettito dalla web-tax e dall’applicazione dell’Imu alla Chiesta. Quest’ultima opzione potrebbe anche spiegare l’incontro di ieri del premier con Papa Francesco, ma i soldi ne servono altri e Salvini non intende cedere sulle pensioni come Di Maio sul Reddito.

C’è infatti un altro passaggio contenuto nella bozza del Mef destinato a sollevare polemiche. Ovvero il fatto che il governo accetti una stima di crescita per il 2019 allo 0,9%, in linea con quanto sostenuto da Bankitalia ma lontano dall’1,5% a suo tempo indicato dal governo. La riduzione è però importante per l’Italia perché in questo modo diminuisce anche il target strutturale che altrimenti avrebbe richiesto altre risorse. Resta il fatto che la retromarcia si annuncia molto consistente anche se Conte e Di Maio in queste ore stanno facendo di tutto per tenere bassa la polemica e la tensione che però si sfoga sui social e nei gruppi parlamentari M5S e Lega capaci di alimentare beghe su qualche emendamento che oltretutto rischia di essere spazzato via da un “pacchetto” che, dopo il summit serale, dovrà essere votato con la fiducia senza molte discussioni. A meno che non si decida di mandare il Paese all’esercizio provvisorio.
Il vertice di questa sera sarà quindi decisivo, anche perché il tempo stringe sia a Roma che a Bruxelles. Anche se buona parte della manovra è stata scritta nella capitale belga, va tradotta in un emendamento che martedì dovrà essere votato a palazzo Madama e lo stesso giorno valutato dalla Commissione «in una riunione collegiale», come spiegano da Bruxelles. La collegialità, nel decidere se bloccare o meno la procedura d’infrazione, dà il senso delle opinioni molto diverse che circolano tra i commissari.
IL RIGORE
I nordici - con in testa il lettone Dombrovskis - non sembrano infatti molto disponibili ad avallare le concessioni di Juncker e Moscovici sul 2,04% rispetto all’1,9% già concesso. E’ per questo che ancora ieri sono arrivati a palazzo Chigi segnali molto chiari sul fatto che l’Italia deve rendere effettivo quel 2,04% che si è auto-concesso. Le scelte, ovvero se ridurre platea e tempi del Reddito o di Quota100, spettano ora al governo italiano e, soprattutto al presidente del Consiglio Conte che stasera dovrà comunque cercare di mantenere fede all’impegno preso ieri l’altro - insieme al ministro dell’Economia Tria - con Juncker e con molti leader europei.

 
Ultimo aggiornamento: 13:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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