Legge elettorale, la Consulta: «Garantire maggioranze omogenee, premio con ballottaggio lesivo»

Giovedì 9 Febbraio 2017
Legge elettorale, la Consulta: «Garantire maggioranze omogenee, premio con ballottaggio lesivo»
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Sono state depositate le motivazioni della sentenza con cui la Corte costituzionale ha bocciato il ballottaggio previsto dall'Italicum, la legge elettorale in vigore dal luglio 2016e ha invece giudicato legittimo il premio di maggioranza che la legge attribuisce al partito che supera il 40% dei voti. La Consulta afferma la necessità di garantire maggioranze parlamentari omogenee.

Nel giorno in cui la Camera avvia ufficialmente l'iter della legge elettorale, la Corte costituzionale pubblica dunque le motivazioni della sentenza con cui ha bocciato il ballottaggio dell'Italicum. Motivazioni nelle quali i giudici esortano il Parlamento a rendere omogenee le leggi di Camera e Senato, come già aveva fatto il presidente Sergio Mattarella, ma anche il presidente della Commissione Affari costituzionali e relatore, Andrea Mazziotti. 

«Le modalità di attribuzione del premio attraverso il turno di ballottaggio determinano una lesione» perché per come è congegnato l'Italicum «il premio attribuito al secondo turno resta un premio di maggioranza e non diventa un premio di governabilità». Per questo tale premio deve essere vincolato all'esigenza costituzionale «di non comprimere eccessivamente il carattere rappresentativo dell'assemblea elettiva e l'eguaglianza del voto», scrive poi la Corte costituzionale nelle motivazioni sull'Italicum. 

Il turno di ballottaggio previsto dall'Italicum ha «il compito di supplire al mancato raggiungimento, al primo turno, della soglia minima per il conseguimento del premio, al fine di indicare quale sia la parte politica destinata a sostenere, in prevalenza, il governo del Paese». Tuttavia «tale obbiettivo non può giustificare uno sproporzionato sacrificio dei principi costituzionali di rappresentatività e di uguaglianza del voto, trasformando artificialmente una lista che vanta un consenso limitato, ed in ipotesi anche esiguo, in maggioranza assoluta», scrivono ancora i giudici costituzionali nelle motivazioni della sentenza. 

La legge elettorale deve garantire maggioranze omogenee tra Camera e Senato, evidenzia quindi la Consulta nelle motivazione della sentenza con la quale il 25 gennaio ha corretto l'Italicum. La Corte Costituzionale «non può esimersi dal sottolineare che l'esito del referendum ex art. 138 Cost. del 4 dicembre 2016 ha confermato un assetto costituzionale basato sulla parità di posizione e funzioni delle due Camere elettive», è la premessa. In tale contesto, prosegue la Consulta, la Costituzione, «se non impone al legislatore di introdurre, per i due rami del Parlamento, sistemi elettorali identici, tuttavia esige che, al fine di non compromettere il corretto funzionamento della forma di governo parlamentare, i sistemi adottati, pur se differenti, non devono ostacolare, all'esito delle elezioni, la formazione di maggioranze parlamentari omogenee».

Un premio di maggioranza assegnato alla lista che al primo turno ottiene il 40 per cento non è «irragionevole», perché «consente di attribuire la maggioranza assoluta dei seggi in un'assemblea rappresentativa alla lista che abbia conseguito una determinata maggioranza relativa», scrive ancora la Corte.

«L'assenza nella disposizione censurata di un criterio oggettivo, rispettoso della volontà degli elettori e idoneo a determinare la scelta del capolista eletto in più collegi, è in contraddizione manifesta con la logica dell'indicazione personale dell'eletto da parte dell'elettore», sottolinea ancora la Consulta, dichiarando illegittima l'opzione del collegio da parte dello stesso candidato che abbia una pluricandidatura. La Corte ha individuato come criterio da applicare quello del sorteggio, «che restituisce, com'è indispensabile, una normativa elettorale di risulta anche per questa parte immediatamente applicabile all'esito della pronuncia». «Ma appartiene con evidenza alla responsabilità del legislatore sostituire tale criterio con altra più adeguata regola, rispettosa della volontà degli elettori», avverte la Corte. 

Il sistema dei capilista bloccati previsto dall'Italicum è tuttavia legittimo, continua la Corte, in quanto l'elettore ha comunque la possibilità di scegliere i candidati nell'ambito di liste brevi ed esprimendo fino a due preferenze. «Mentre lede la libertà del voto un sistema elettorale con liste bloccate e lunghe di candidati, nel quale è in radice esclusa, per la totalità degli eletti, qualunque indicazione di consenso degli elettori, appartiene al legislatore discrezionalità nella scelta della più opportuna disciplina per la composizione delle liste e per l'indicazione delle modalità attraverso le quali prevedere che gli elettori esprimano il proprio sostegno ai candidati».

Oggi la Commissione Affari costituzionali ha avviato l'esame delle 18 proposte di legge elettorale finora depositate. Il
presidente e relatore, Mazziotti, le ha illustrate facendo una premessa che ha riecheggiato il monito del presidente Sergio Mattarella: il sistema che la Corte consegna, con le due sentenze del 2014 e dello scorso 25 gennaio, anche se è applicabile, «non è omogeneo tra le due Camere, poco coerente nei suoi principi fondamentali, inidoneo a salvaguardare l'obiettivo della stabilità dei governi». Insomma guai ad andare a votare con i due sistemi usciti dalle due sentenza; un monito rafforzato dalla Corte Costituzionale nelle sue motivazioni. Per altro la tentazione del voto a giugno senza una nuova legge elettorale sembra stato scartato anche da Matteo Renzi e da M5s che ne erano stati gli alfieri.

Ma la Consulta ha chiarito anche un aspetto importante del ballottaggio, da lei bocciato nell'Italicum: così come era stato congegnato «è lesivo» del principio di rappresentanza, perché non pone una soglia minima per accedere al secondo turno. Questo significa che sistemi con un doppio turno sono teoricamente ancora in campo, anche se andrebbero articolati diversamente. Ma con l'attuale bicameralismo sono tecnicamente difficili da realizzare. In ogni caso già martedì la Commissione Affari costituzionali deciderà il calendario della legge elettorale, con Danilo Toninelli di M5s, che sollecita un «cronoprogramma» che garantisca l'approdo in Aula il 27 febbraio.

Se le parole della Corte portano indicazioni utili alle Camere, un elemento di freno e confusione giunge dal confronto interno al Pd: un eventuale congresso anticipato porterebbe al congelamento della legge elettorale fino alla scelta del nuovo segretario e della sua linea politica. A ingarbugliare tutto è insomma il dibattito interno al Pd, che terrà la propria Direzione lunedì, alle quale si attende una parola di Matteo Renzi in risposta alla minoranza. Questa ha condizionato il proprio assenso alla legge elettorale alla tenuta del Congresso del Partito e al proseguimento della legislatura fino alla sua scadenza, febbraio 2018. Da oggi i renziani hanno cominciato a chiedere l'anticipo del congresso in modo da concluderlo con le primarie entro luglio. Percorso su cui frenano i bersaniani.

Se dunque lunedì Renzi avviasse le procedure congressuali, è difficile pensare che il Pd abbia una posizione unitaria sulla legge elettorale prima che dalle primarie esca il segretario e la sua linea. La legge elettorale procederebbe alla Camera con calma, con audizioni di esperti e approfonditi dibattiti, ma la sua definizione slitterebbe. Invece un accordo in extremis tra Renzi e la minoranza, oggi difficile da prevedere, aprirebbe le porte ad un iter più rapido, verso una legge con premio alla coalizione anziché alla lista, un sistema che piace agli alleati del Pd e anche a Fi.

 

Ultimo aggiornamento: 10 Febbraio, 08:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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