Jobs act, via libera in Senato,
manovra di Renzi per l'occupazione

Giovedì 4 Dicembre 2014 di Giusy Franzese
Jobs act, via libera in Senato, manovra di Renzi per l'occupazione
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Il Jobs act è legge. L'Aula del Senato ha dato il via libera definitivo alla delega sul lavoro, sulla la quale il governo in mattinata aveva chiesto il voto di fiducia. Hanno detto sì 166 senatori, no 112, 1 senatore si è astenuto. Con questo voto si conclude l'iter parlametare del provvedimento, visto che il testo appena licenziato è identico a quello approvato dalla Camera. Inizia ora la parte operativa, quella della definizione dei decreti attuativi.



Nelle intenzioni di Renzi il Jobs act sarà una scossa positiva per l’occupazione. Di certo, una volta che il governo avrà varato i decreti attuativi, il mercato del lavoro in Italia cambierà faccia. Gli imprenditori non potranno più dire che non assumono a tempo indeterminato perché hanno paura di legarsi a vita con un lavoratore: la delega modifica profondamente la disciplina dei licenziamenti per i neoassunti. Con l’introduzione del contratto a tutele crescenti un po’ alla volta verrà aggredita la vasta sacca di precarietà che in questi anni ha affossato le speranze di molti giovani. Con il codice semplificato parte anche il riordino dei contratti. E con il completamento della riforma degli ammortizzatori sociali già avviata dalla legge Fornero, non ci saranno più lavoratori al sicuro per sempre e altri lasciati a cavarsela da soli, senza scialuppe o salvagenti di sorta, se il mare tutto a un tratto dovesse agitarsi e peggiorare. Il Jobs act mette finalmente mano al sistema di politiche attive che in Italia non funzionava più. Nel nuovo disegno i centri per l’impiego pubblici, coordinati da un’agenzia nazionale, collaboreranno con le agenzie per il lavoro private con l’obiettivo di intercettare le esigenze del mondo produttivo.



Articolo 18.
Per tutti i nuovi assunti cade il totem simbolo dello Statuto dei lavoratori: sarà possibile licenziare un dipendente anche senza giusta causa o giustificato motivo. Le tutele dell’articolo 18 non varranno più per i licenziamenti economici: il lavoratore non potrà più ricorrere al giudice per chiedere il reintegro nel posto di lavoro, gli spetterà invece «un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio». Fortemente limitata la possibilità di reintegro anche nel caso di licenziamento disciplinare ingiustificato: sarà limitata solo «a specifiche fattispecie» (da definire dettagliamente con i decreti attuativi) e saranno anche previsti «termini certi per l’impugnazione». Non cambia nulla (e quindi resta il reintegro) per i licenziamenti nulli e discriminatori.



Contratto a tutele crescenti per i neoassunti.
Arriva il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio. L’obiettivo del governo è che questo tipo di assunzione diventi quella più utilizzata nei nuovi contratti. A questo scopo la delega prevede l’introduzione di «un testo organico semplificato» e il riordino delle tipologie contrattuali, che attualmente sono più di 40. In particolare andranno «ad esaurimento» le collaborazioni coordinate e continuative. Saranno i decreti attuativi a entrare nel dettaglio, l’orientamento condiviso è quello di arrivare a non più 4-5 contratti. Dovrebbero quindi rimanere: contratto a tempo indeterminato che per i nuovi assunti sarà nella forma delle tutele crescenti; contratto a termine; apprendistato, part-time. Viene esteso ad altri settori produttivi il voucher per i lavori stagionali: confermato il tetto dei cinquemila euro annui per lavoratore.



Mansioni flessibili e controlli a distanza. Non solo il 18, cambia anche un altro articolo dello Statuto dei lavoratori, il 13 che impone all’azienda di adibire il lavoratore «alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito». La delega invece consente «l’utile impiego del personale» in caso di «processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale individuati sulla base di parametri oggettivi». In pratica è il via libera al demansionamento (considerato di fatto come il male minore rispetto a un licenziamento) ma a una condizione: siano tutelate condizioni di vita ed economiche. Il che dovrebbe significare (ma lo si vedrà meglio con i decreti attuativi) che la marcia indietro nella carriera sarà a parità di stipendio. Viene rivista anche la disciplina dei controlli a distanza con la possibilità di controllare impianti e strumenti di lavoro.



Ammortizzatori sociali. Cambia il sistema degli ammortizzatori sociali. La cassa integrazione non potrà più essere autorizzata in caso di cessazione «definitiva» di attività aziendale o di un ramo di essa. La delega prevede anche una differente partecipazione contributiva da parte delle aziende, a seconda dell’effettivo utilizzo (in pratica chi non ne fa uso pagherà di meno). Scompare la cig in deroga. Il sussidio di disoccupazione Aspi sarà esteso ai lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa «fino al superamento di questa forma contrattuale». L'obiettivo del governo è di ampliare la platea di 300-400mila lavoratori attualmente senza tutele. Per averne diritto - ma saranno i decreti attuativi a specificarlo meglio - basterà aver lavorato 3-4 mesi negli ultimi due anni. La durata dell’erogazione del sussidio sarà commisurata «alla pregressa storia contributiva del lavoratore».

Per quanto riguarda le risorse, alla dote di 1,5 miliardi inizialmente prevista in Stabilità sono stati aggiunti 200 milioni nel 2015 e altrettanti nel 2016.



Agenzia nazionale per l’occupazione. La delega prevede un profondo cambiamento delle politiche attive. Per un miglior coordinamento su tutto il territorio nasce l’Agenzia nazionale per l’occupazione, partecipata da Stato, Regioni e Province autonome, vigilata dal ministero del Lavoro. Avrà competenze gestionali in materia di servizi per l'impiego, politiche attive e Aspi. Il beneficiario di un ammortizzatore sociale (cig o sussidio di disoccupazione) dovrà dare la sua disponibilità a seguire corsi di qualificazione ed eventualmente anche «allo svolgimento di attività a beneficio delle comunità locali», senza però che questo - come è accaduto in passato con i lavori socialmente utili - alimenti aspettative di assunzione nel pubblico. Chi si rifiuta rischia di perdere il sussidio. Nella ricerca di un nuovo lavoro il disoccupato potrà scegliere di affidarsi a un’agenzia per l’impiego privata che per il servizio riceverà un incentivo regionale, ma solo a risultato ottenuto, e comunque «proporzionato alla difficoltà di collocamento» del soggetto.



Maternità e ferie solidali. L’indennità di maternità sarà estesa, anche gradualmente, a tutte le categorie di lavoratrici. Le parasubordinate avranno diritto all’assistenza anche «in caso di mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro». Per contrastare la pratica delle cosiddette dimissioni in bianco sono previste «modalità semplificate per garantire data certa nonché l’autenticità della volontà del lavoratore in relazione alle dimissioni o alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro». Le donne lavoratrici, anche autonome, con figli minori o disabili non autosufficienti e che si trovino al di sotto di una determinata soglia di reddito individuale complessivo, potranno godere di un “tax credit”. Viene data, infine, ai lavoratori la possibilità di cedere parte delle loro ferie annuali retribuite a colleghi con figli minori malati gravi.
Ultimo aggiornamento: 5 Dicembre, 10:09

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