Elezioni Regionali Sardegna, FdI: «Qualcuno ha tradito». Meloni a Salvini e Tajani: «Adesso restiamo uniti»

La riunione dei leader a cavallo del Cdm. La strategia: evitare le accuse incrociate

Martedì 27 Febbraio 2024 di Francesco Malfetano
Elezioni Regionali Sardegna, FdI: «Qualcuno ha tradito». Meloni a Salvini e Tajani: «Adesso restiamo uniti»

Una certezza e una promessa difficile da mantenere: «Andiamo avanti uniti» e «comunque vada non ci saranno ripercussioni». A Palazzo Chigi si è appena apparecchiata la tavola per il pranzo di Giorgia Meloni con Antonio Tajani e Matteo Salvini ma c’è già la consapevolezza che in Sardegna «è andata male» e che quindi, a meno di colpi di scena notturni, «avremo perso tutti». È l’ora della compattezza - l’avevano concepita così quando hanno preso appuntamento mercoledì scorso nel retropalco della chiusura della campagna elettorale di Cagliari - non il momento dei veleni né quello dell’analisi della partita.

Entrambe queste ultime infatti scoccheranno solo oggi, con i risultati acquisiti a fotografare il peso del voto disgiunto. 

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L’OBIETTIVO

L’obiettivo però è chiaro: preservare il centrodestra sminando distinguo e redde rationem. Almeno pubblicamente. A perdere non è stato cioè solo Paolo Truzzu, candidato imposto da Fratelli d’Italia (al primo stop dalle Politiche del 2022). Ma anche il Carroccio che ha raccolto circa il 3,5%, e pure Forza Italia, nonostante “l’exploit” interno che gli ha permesso di doppiare i leghisti. Anzi. Ad un Salvini descritto come «particolarmente nervoso» al termine dell’incontro (così come durante il cdm pomeridiano caratterizzato da uno scontro con Raffaele Fitto sui fondi del Pnrr) è stato fatto notare come, se il candidato fosse stato l’uscente Christian Solinas, la sconfitta sarebbe stata larghissima. E allora ecco che il testa a testa andato avanti per tutto il giorno («Aspettiamo fino all’ultima scheda» rivendica FdI a sera) assume una valenza precisa all’interno del centrodestra. 

Le lungaggini che hanno caratterizzato lo scrutinio finiscono con l’alimentare il dubbio che i ritardi nel registrare i risultati delle città di Cagliari e Sassari (dove Alessandra Todde era in netto vantaggio sin da subito) siano stati in realtà “imposti”da Roma. Suggestioni difficili da verificare ma che ben restituiscono il clima che si respira tra gli alleati. A recriminare più di tutti è però il partito della premier, convinto di aver subito «un tradimento». In attesa di poter ragionare su dati e forbici definitive, a via della Scrofa spiegano come il Carroccio avrebbe contraddetto il patto indicibile con cui i meloniani avevano accordato alla base sarda orfana di Solinas una “tranquilla” libertà di coscienza e di voto anti-Truzzu, indirizzando però la preferenza disgiunta verso Renato Soru. «Una promessa che non hanno rispettato» come dimostrerebbero le tante preferenze fuori lista incassate dalla candidata di Pd e Movimento 5 stelle. E che è costata l’elezione a Truzzu per una manciata di voti. 
Segnali che, al di là dei buoni propositi distensivi di Meloni, il clima in maggioranza pare destinato a cambiare. Con ogni probabilità a partire già da oggi quando i rappresentanti della coalizione dovrebbero tornare ad incontrarsi per discutere degli enti locali. Al centro ci saranno i capoluoghi di provincia - come la poltrona di Cagliari appena lasciata inopinatamente vuota da Truzzu - alle urne all’election day del 9 giugno, ma si comincerà a discutere anche delle regionali. Se lo spettro di un «effetto domino» sull’Abruzzo al voto il prossimo 10 marzo agita già tutti, si riapre inevitabilmente la partita per la Basilicata. Si è infatti complicato in maniera significativa il progetto di Meloni di non ricandidare l’uscente Vito Bardi e sostituirlo con un candidato civico. Pur non potendo contare sul sostegno di Salvini - che con Tajani si dice sia ai ferri corti, al punto che non si sarebbe complimentato con il collega vicepremier per l’elezione a segretario nazionale degli azzurri - i berlusconiani non sono disposti né al passo indietro né a quello di lato. 

A stretto giro Meloni difficilmente riuscirà ad imporre qualcosa ai due alleati ma, ragionano i suoi fedelissimi, «può imporre il suo ritmo». E quindi, stop alla tolleranza per le varie uscite fuori linea di Crippa o Romeo, addio al terzo mandato («Se lo vuole provi a inciuciare in aula con il Pd») e competizione serrata verso le Europee. Le chance che la premier si candidi in prima persona a giugno, ieri si sono moltiplicate di pari passo con lo scrutinio dei voti in Sardegna. 

Ultimo aggiornamento: 28 Febbraio, 11:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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