M5S, processo a Di Maio: fronda su legittima difesa. Lui rilancia: conta on line

Martedì 26 Febbraio 2019 di Simone Canettieri
M5S, scatta il processo a Di Maio
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A concludere una giornata all'insegna della tempesta perfetta arrivano in serata le parole un po' sconnesse di Beppe Grillo: «Ormai sono un comico governativo». «Mi contestano - aggiunge il Garante - mi gridano Grillo ritorna. Non sono mai andato, siete voi che siete cambiati, avete i debiti, ma anche i crediti. Voi siete tutto e il contrario di tutto...». Dal palco di Catania, dove è in tour con il suo show, Beppe prova, a modo suo, a fare chiarezza nella giornata della disfatta sarda: «Forse non siamo all'altezza, siamo principianti come dicono».

«Pensavamo di arrivare al 15%», confessa Francesco Silvestri, vicecapogruppo alla Camera del M5S, in tour con Di Maio lo scorso weekend per chiudere la campagna elettorale sull'isola. La sconfitta era un colpo in fondo previsto (anche se non con queste dimensioni), dalle parti del M5S, che però ripiomba nel caos ad una manciata di giorni dal ko in Abruzzo. E il malumore della base ormai si trattiene a fatica laddove Luigi Di Maio tenta di rilanciare la sua leadership accelerando su alcune svolte epocali che vuole imprimere al Movimento: su Rousseau, forse già a partire da oggi, gli iscritti voteranno l'istituzione dei referenti locali fulcro della nuova organizzazione, l'apertura a liste civiche e la deroga ai due mandati per i consiglieri comunali.

Il flop facilita la riforma del Movimento, o meglio la reazione. La senatrice dissidente Paola Nugnes torna alla carica per «mettere in discussione la leadership» del Capo politico. L'abbraccio con la Lega fa male. E alla Camera una decina di parlamentari critici sono pronti a giocare brutti scherzi alla Legittima difesa, provvedimento chiave di Salvini, pronta a essere incardinata. Tanto che circola voce di un possibile slittamento di una settimana. Roberto Fico, presidente della Camera e leader dell'ala ortodossa, si trincera dietro un meditabondo silenzio. Ascolta i dubbi e le perplessità dei tanti che lo cercano. Ma al momento preferisce non mettere in difficoltà «Luigi» anche perché la situazione è più che mai critica.
E già questa sera potrebbe uscire allo scoperto con la riunione del gruppo-Camera. Che rischia di diventare un piccolo (o grande) processo a Di Maio. O al massimo il classico sfogatoio. Ecco perché il vicepremier è intenzionato, per placare gli animi dei suoi, ad annunciare fin da stasera una serie di novità per rilanciare il movimento: dall'accordo con altre liste civiche fino a un'organizzazione più capillare sui territori. «Questa riorganizzazione non è una cosa per il M5s - dice il vicepremier - servirà agli italiani perché noi siamo al governo ed abbiamo decine di istanze che arrivano dal territorio nazionale». Le prime svolte? Forse già dalle regionali in Piemonte o, al massimo, da quelle in autunno in Emilia Romagna, feudo di Max Bugani.

SULL'ISOLA
A differenza di quanto avvenuto in Abruzzo, questa volta la disfatta sarda apre una vera e propria faida all'interno dei parlamentari sardi. Il candidato governatore Francesco Desogus ammette: «Non è il risultato aspettato». Luca Piras, docente universitario escluso dalle primarie online, attacca: «Serve una riflessione profonda, che porti a decisioni importanti: questo è evidente e necessario, soprattutto in vista delle elezioni europee. Nel M5S questa riflessione non può che passare dal coinvolgimento della base, degli attivisti, che manifestano malumore per essere stati messi da parte». Dalla Sardegna è atteso un documento di fuoco contro i vertici. E c'è chi è pronto a chiedere la testa di Mario Puddu: a molti, infatti, non è andato giù l'attivismo dell'ex sindaco di Assemini - vincitore delle prime regionarie, ritiratosi dalla corsa a causa di una condanna per abuso d'ufficio - durante la campagna elettorale stellata. Nel mirino finisce anche lo stato maggiore del M5S in Sardegna: da Emanuela Corda (deputata, capogruppo 5 Stelle in Commissione Difesa) a Pino Cabras. Il capo politico parla solo in tarda mattinata. Per rassicurare che il «M5S è vivo e vegeto». Intanto, anche Matteo Salvini decide di non infierire. Anzi, in maniera abbastanza spietata assicura: «Il governo non rischia, non voglio diventare premier». E se in mattinata il vicepremier pentastellato aveva annunciato un vertice con l'omologo del Carroccio, la risposta che riceve è: «Se il Milan va bene magari il vertice lo faccio domani sera». L'appuntamento è per oggi pomeriggio.
 

Ultimo aggiornamento: 27 Febbraio, 21:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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