Poter decidere quando terminare la propria vita e interrompere cosi' la propria sofferenza.
A Giovanni Nuvoli, malato di Sla di Alghero, viene negato nel 2007 dal tribunale di Sassari il distacco del respiratore. I carabinieri bloccarono il medico che voleva aiutarlo. Nuvoli iniziò allora uno sciopero della fame e della sete lasciandosi morire. Ma il dibattito si è acceso soprattutto nel 2009, con il caso di Eluana Englaro, la giovane di Lecco rimasta in stato vegetativo per 17 anni, che approdò anche in Parlamento. Il Paese si divise tra i favorevoli alla volontà del padre Beppino di far rispettare il desiderio della figlia quando era ancora in vita di porre fine alla sua esistenza se si fosse trovata in simili condizioni, e i contrari. Varie le sentenze di rigetto delle richieste dei familiari, finchè la Cassazione, per ben due volte, non si pronunciò a favore della sospensione della nutrizione e idratazione artificiale.
Nel 2016 invece Walter Piludu, ex presidente della provincia di Cagliari malato di Sla, è morto ottenendo il distacco del respiratore: il tribunale di Cagliari ha autorizzato la struttura sanitaria dove si trovava a sospendere i trattamenti. Nel 2017 esplode il caso di Fabio Antoniani, conosciuto come Dj Fabo, che si è fatto accompagnare in Svizzera da Marco Cappato per ottenere il suicidio assistito, diventando il sesto malato aiutato in questo modo a ottenere l'eutanasia grazie all'Associazione Coscioni. A 39 anni, cieco e tetraplegico dopo un grave incidente stradale, chiedeva di «essere libero di morire». Nel 2018 il primo caso di morte assistita in Italia: Patrizia Cocco, 49 anni di Nuoro, affetta da Sla, manifesta la sua volontà di rinunciare alla ventilazione assistita meccanica. Le viene praticata una sedazione profonda e viene estubata.