Noemi, il padre del fidanzato assassino: "Sapevo tutto, quella sera me lo confessò"

Venerdì 15 Settembre 2017 di Alessia Marani
Noemi, il padre del fidanzato assassino: "Sapevo tutto, quella sera me lo confessò"

LECCE «Ho cercato in tutti i modi di aiutarlo mio figlio. È malato, l'ho visto cambiare di giorno in giorno, peggiorare da quando aveva conosciuto quella ragazza. Non mi hanno aiutato. Lo psichiatra mi aveva detto che avrebbe mandato uno psicologo per seguirlo invece non è arrivato nessuno». Si dispera papà Biagio, 61 anni. Ad alcuni familiari avrebbe detto di avere saputo che il figlio 17enne sarebbe andato a confessare il delitto di Noemi la sera prima e di averlo esortato: «Se hai le palle vai».

Circostanza che gli inquirenti stanno approfondendo. Lui e sua moglie Annamaria sono chiusi nella loro casa a Montesardo, frazione di mille anime ad Alessano. «Dovevano aiutarci, io volevo curarlo mio figlio. Volevo mandarlo in comunità ma poi in paese chissà che avrebbero detto. Ormai è tardi quella ragazza non c'è più». Biagio in questa brutta storia è indagato per occultamento di persona. Nella sua Fiat 500 che il 17enne pur non avendo la patente guidava nella notte del delitto, il Ris ha rinvenuto tracce di sangue sfuggite al lavaggio precipitoso della vettura. «Le avevo provate tutte per tenerli lontani lui e Noemi - racconta - lo avevo mandato persino dai parenti a Monza ma lei lo ritrovava sempre».

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Hanno fatto discutere le dichiarazioni dell'uomo a Chi l'ha visto? nel giorno della confessione. Parole di odio e disprezzo nei confronti della ragazzina di 16 anni («era cresciuta per la strada, a mio figlio lo picchiava e lo esortava a ucciderci. Per colpa sua ha avuto tre Tso») per poi mostrarsi straziato alla notizia in diretta delle ammissioni appena rese dal figlio al maresciallo dei carabinieri Giuseppe Borrello. Uno strazio bollato dai social come una sceneggiata.

Ma non erano colpa di Noemi quei Tso. Da gennaio il 17enne era in cura al dipartimento di salute mentale di Galliano per un disturbo di personalità schizoide con tendenza all'aggressività. Assumeva psicofarmaci. L'ultimo ricovero coatto in ospedale risale ad agosto. Voleva togliersi la vita. Un'altra volta medico e carabinieri erano stati chiamati perché si era scagliato violentemente contro il padre. Non nascondeva di usare droghe e alcol. Un mix micidiale nelle sue condizioni. «Era finito in un brutto giro di gente più grande - si confida un parente stretto - che gli hanno fatto fumare l'eroina e poi c'erano le canne. Gli hanno bruciato il cervello. Quando giocavamo a scopa faceva 6 più 5 undici. Anche il padre aveva avuto problemi da giovane, ma non doveva finire così. Due famiglie distrutte, non lo meritavano».

Anche Biagio da ragazzo aveva dato del filo da torcere, sempre pronto allo scontro, impulsivo.

Ebbe pure una parentesi dietro le sbarre. «Roba vecchia», dicono in paese. Perché ora pensava solo alla sua famiglia e a quel figlio che gli sfuggiva sempre più di mano e che lui voleva controllare a tutti i costi. Amore, rabbia esplosiva, possessione: elementi di un rapporto padre-figlio che il 17enne ha ritrovato all'ennesima potenza nella sua relazione con Noemi, tanto osteggiata da entrambe le famiglie dei fidanzatini fino alla morte.

Ultimo aggiornamento: 13:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA