Cucchi, il pg della Cassazione:
«Annullare l'assoluzione medici»

Martedì 15 Dicembre 2015
Cucchi, il pg della Cassazione: «Annullare l'assoluzione medici»
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È da confermare l'assoluzione dei tre agenti di polizia penitenziaria processati nella vicenda di Stefano Cucchi. Lo ha chiesto il pg della Cassazione Nello Rossi nella sua requisitoria. Ora il pg si occupa del ricorso contro l'assoluzione del personale sanitario del Pertini. «Non c'è alcun dubbio di natura oggettiva che le violenze subite da Stefano Cucchi sono state poste in essere in un arco di tempo che va dalla perquisizione notturna a casa dei genitori di Cucchi (dove Stefano è giunta ancora illeso) alla fine della sua permanenza a piazzale Clodio per la convalida del suo arresto».

ANNULLARE ASSOLUZIONE MEDICI Il pg della Cassazione Nello Rossi ha chiesto l'annullamento con rinvio dell'assoluzione di cinque medici prosciolti in appello nel processo per la morte di Stefano Cucchi. Confermata invece l'assoluzione di un sesto medico. In particolare il pg Rossi ha chiesto un nuovo processo per i medici del Pertini Aldo Fierro, Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis e Silvia Di Carlo in accoglimento del ricorso del pg di Roma Mario Remus in relazione all'accusa di omicidio colposo. Confermata invece l'assoluzione della dottoressa Rosita Caponetti già prosciolta per falso ideologico. Ad avviso del pg i cinque annullamenti con rinvio sono gli unici annullamenti possibili in base ai motivi di ricorso presentati dal pg.

"DISSE CHE ERA CADUTO DALLE SCALE PER COPRIRE DROGA" «Perché Stefano Cucchi, tutte le volte che si è trovato di fronte a persone in vario modo incarnanti lo Stato, siano essi gli agenti di polizia, i giudici o i medici, non ha mai detto di essere stato percosso e ha detto invece di essere caduto dalle scale o ha fornito versioni vaghe in proposito?». Il pg della Cassazione Nello Rossi nella sua requisitoria si è posto questo interrogativo definendolo «una domanda inquietante anche perché questo silenzio ha inciso enormemente sulle indagini, soprattutto su quelle iniziali».

Ad avviso del pg «certamente si può addurre, come fa la Corte d'Assise, il motivo del timore di subire nuove violenze». Ma Rossi rileva che oltre ad ipotizzare «la sfiducia ed il risentimento verso tutti coloro che in vario modo rappresentavano le istituzioni» c'é un «dato» che «merita una grande attenzione». Cucchi, secondo il pg, temeva che «denunciando le violenze subite, avrebbe attirato su di sé una attenzione ben maggiore di quella che gli era stata riservata dalle forze dell'ordine come modesto spacciatore, e ciò avrebbe potuto portare alla scoperta della sua riserva di stupefacente, nella sua abitazione a Morena, con conseguenze penalmente assai più rilevanti dal momento che in questa casa egli conservava un quantitativo di stupefacente maggiore a quello che gli era stato sequestrato al momento del suo arresto (hashish e cocaina)». Secondo il pg «questo è un timore che riguardava più direttamente agenti di polizia giudiziaria che non agenti della polizia penitenziaria».

"NO ALLA PIETRA TOMBALE" Il pg della Cassazione Nello Rossi ha chiesto ai giudici della V sezione penale della Cassazione di non «mettere una sorta di pietra tombale sulle cause della morte di Stefano Cucchiperché si formerebbe una sorta di improprio giudicato sulla inconoscibilità del decesso» e questo peserebbe anche sulle altre inchieste in corso su questa vicenda. I referti dell'ingresso di Stefano Cucchi nella struttura protetta dell'ospedale romano 'Pertini' «devono essere considerati come un capitolo clamoroso della sciatteria e trascuratezza della assistenza riservata a Cucchi al Pertini».

In proposito il pg Rossi osserva che «a fronte della estrema e vistosa magrezza del Cucchi al suo arrivo al Pertini (tale da costringere a praticargli le iniezioni di antidolorifico sul deltoide e con aghi più piccoli del normale) e delle sue condizioni di paziente fratturato e cateterizzato, all'esame obiettivo eseguito, dalla dottoressa Caponnetti poi assolta anche dal reato di falso ideologico perché ritenuta solo superficiale, il Cucchi risultava così descritto: condizioni generali buone, stato di nutrizione discreto, apparato muscolare tonico, apparato urogenitale con nulla da rilevare!». Rossi ha fatto presente che Cucchi pesava solo 34 chili.

Il pg ha inoltre aggiunto che «dati come questi non possono semplicemente 'sparire' o essere relegati in secondo piano nel ragionamento del giudice di appello che nella sua motivazione deve farsi carico, se vuole ribaltare le conclusioni dei giudice di primo grado, di spiegare come possa essere ritenuta adeguata ed attenta l'accoglienza al 'Pertini' del paziente Cucchi che nonostante il suo stato complessivo e nonostante avesse il catetere inserito dal medico dell'ospedale 'Fatebenefratelli' viene qualificato all'ingresso come un soggetto in buono stato sul quale non c'è nulla da rilevare neppure in ordine all'apparato urogenitale».

Ad avviso del pg Rossi andava valutato «anche il comportamento tenuto dalla Caponnetti anche per valutare gli standard di assistenza forniti al Pertini». Ma per questa dottoressa Rossi non ha potuto chiedere un nuovo rinvio all'appello bis per mancanza sul punto di specificità del ricorso della Procura di Roma. Secondo Rossi dati di questo genere «non possono sparire quando si analizza la vicenda di un paziente morto dopo una settimana di ospedale».

LA DIFESA DELLA FAMIGLIA Prendendo la parola per l'arringa, al termine della requisitoria del sostituto pg Nello Rossi, l'avvocato Fabio Anselmo che rappresenta i famigliari di Stefano Cucchi ha annunciato la rinuncia al ricorso presentato contro l'assoluzione in appello di tre agenti della Polizia penitenziaria. «Registriamo le richieste del procuratore generale e prendiamo atto - ha spiegato il difensore dei Cucchi - dell'avvio di una indagine della Procura di Roma finalizzata all'individuazione dei responsabili di quello che la stessa procura non esita a definire 'un violentissimo pestaggio'».

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