Bologna, quattordicenne rifiuta di mettere il velo: la famiglia le rasa i capelli a zero

Venerdì 31 Marzo 2017
Bologna, quattordicenne rifiuta di mettere il velo: la famiglia le rasa i capelli a zero
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«Fatima, che hai fatto ai capelli?». Gli occhi gonfi, pieni di lacrime, l'umiliazione. Quella testa rasata a zero, un dolore insopportabile, ha guardato l'insegnante ed è scoppiata: «Voglio altri genitori, portatemi via da loro». Ha 14 anni questa ragazzina del Bangladesh, ormai naturalizzata bolognese. Voleva essere come le sue coetanee, libera dall'oppressione di un velo che ti copre la testa, che ti nasconde la femminilità. Ma i genitori non glielo hanno consentito e l'hanno voluta punire oltraggiando il suo desiderio di libertà, la sua smania di essere come le altre.


E' stata la madre a tagliarle tutti i capelli, e lo ha fatto probabilmente non sapendo che per i musulmani non vanno mai toccati e che la rasatura può avvenire solo in caso di malattia. Ma il segnale doveva essere chiaro: nessuna ribellione. Fatima andava punita, perché era stata scoperta mentre usciva di casa con il velo in testa, e appena fuori se lo levava. Con la chioma al vento andava in classe, nella scuola media della sua zona, e il fazzoletto veniva ritirato fuori poco prima di tornare in famiglia. Nessun'altra concessione a questa adolescente, niente cellulare per comunicare con gli amici, niente feste, niente compagnia. Qualche giorno prima era riuscita a limitare la punizione, la madre le aveva tagliato solo una ciocca. Ma lei aveva continuato, perché non ce la faceva proprio a vivere come volevano loro. Ed è scattata la rappresaglia.

LA PROCURA MINORILE
Il caso di Fatima è stato segnalato dalla insegnante alla preside, sono stati chiamati i carabinieri di Borgo Panigale, la procura dei minori, ed è arrivata la decisione di mettere Fatima in protezione. Di allontanarla dai genitori, lei, e anche le due sorelle più grandi. Il procuratore minorile di Bologna Silvana Marzocchi è intervenuta d'urgenza e le ragazze sono state collocate in una struttura protetta. Allontanate per la loro sicurezza. I militari hanno denunciato padre e madre per maltrattamenti. Già ieri i servizi sociali hanno cercato di ricostruire il contesto familiare e sociale, mentre la procura minorile, e ora anche quella ordinaria, stanno valutando se esistano altri profili di reato.
Da anni in Italia, Fatima era perfettamente integrata nella sua scuola.

Ottimi profitti, non ha mai subito maltrattamenti fisici, ma pressioni psicologiche. I genitori la obbligavano a imposizioni che non trovava giuste, come quella di indossare il velo. Finché l'altra mattina la situazione è degenerata, la madre ha preso una forbice e l'ha punita, mandandola a scuola con la testa rasata. Davanti alla domanda dell'insegnante, la ragazzina è esplosa: «Non voglio più stare nella mia famiglia, mi pressano, mi dicono che non sono una buona figlia. Anche le mie sorelle non vorrebbero portarlo, ma si adeguano all'imposizione. Io non mi riconosco dietro quella sciarpa». Il pianto è disperato, la paura è che possano decidere di rimandarla in Bangladesh. Del resto, da tempo i familiari le hanno imposto di non parlare con i ragazzi e non le fanno vedere le amiche.

Vive come in una prigione: non ha il cellulare, perché il telefonino può utilizzarlo solo il padre. La scuola, dove peraltro eccelle, le sembra l'unica via d'uscita. Certamente non sa, Fatima, quello che ha rischiato: qualche anno fa una ragazza poco più grande di lei, si chiamava Hina, è stata uccisa dal padre nel bresciano, in nome di chissà quale religione.

LE COMUNITÀ
Lo conferma anche Yassine Lafram, coordinatore della comunità islamica di Bologna: «Non c'è nulla di religioso in questo gesto - afferma - Per la tradizione islamica qualsiasi forma di imposizione rende l'atto stesso invalido». E Izzeddin Elzir, presidente dell'Unione delle comunità islamiche italiane sottolinea: «Pur nel rispetto della nostra cultura crediamo che la scelta del velo debba restare tale: una scelta. Va tutelato sia chi vuole portarlo, che chi decide di non indossarlo più. Siamo vicini alla giovane bolognese». Mentre Giuseppe Spadaro, presidente del Tribunale dei minorenni che si occuperà del caso, sottolinea: «Prima di tutto dobbiamo impegnarci a proteggere il minore. Stiamo attenti, però, vanno evitate strumentalizzazioni. Anche tra i genitori italiani c'è chi maltratta i figli».
 

Ultimo aggiornamento: 1 Aprile, 21:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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