Attorno alla morte dell'ex campione di kickboxing Gianmarco Pozzi una rete di spaccio tra Roma, Ponza e Napoli.
L'omicidio di Gianmarco Pozzi a Ponza: cinque arresti, spaccio di droga scoperto durante le indagini
L'INCHIESTA
I provvedimenti cautelari hanno riguardato anche il coinquilino del pugile di 27 anni trovato morto il 9 agosto 2020, con la testa fracassata e ferite multiple su tutto il corpo, all'interno di un'intercapedine tra il muro di contenimento di un terreno e una villetta in località Santa Maria sull'isola, a poche centinaia di metri dall'abitazione che i due condividevano insieme ad altri ragazzi. Si tratta del 28enne Alessio Lauteri, residente a Roma, da ieri ai domiciliari. Ma hanno riguardato anche Vincenzo Pesce, 34 anni di Ponza, titolare del Blue Moon, noto locale della movida ponzese in cui nell'estate 2020 lavoravano sia Lauteri che Pozzi. Ai domiciliari anche Angelo e Circo Monetti, rispettivamente di 44 e 61 anni, residenti a Napoli e Afragola, e Antonio Iaria, 28enne originario di La Spezia e residente a Roma. Destinatari della misura dell'obbligo di presentazione alla pg due romani, di fatto domiciliati a Ponza, Manuel M. e Marco B., entrambi di 39 anni, e Antonio P., 46enne residente a Pozzuoli, nell'hinterland napoletano.
Oltre cinquanta le cessioni di droga fotografate dagli investigatori dell'Arma, attribuite agli indagati nel periodo appena antecedente alla morte di Gianmarco Pozzi e da quel momento fino ad ottobre dello stesso anno. Le indagini, come emerge nell'ordinanza del Gip, hanno consentito di ricostruire anche la contabilità dell'attività illecita, con tanto di crediti e debiti, in grado di fruttare all'organizzazione come riferiscono gli indagati intercettati fino a 5.000 euro al giorno. I canali di approvvigionamento della droga sono stati individuati sia nella capitale, con importante piazza di spaccio nel quartiere Laurentino 38, sia nell'hinterland dal capoluogo campano. Le indagini sul traffico di stupefacenti per l'estate ponzese, condotte dai carabinieri della Compagnia di Formia e coordinate dalla Procura di Cassino, con i conseguenti arresti di ieri, hanno tratto spunto proprio dal decesso del giovane pugile romano, buttafuori al Blue Moon, avvenuto in circostanze ancora da chiarire e per il quale hanno precisato ieri gli inquirenti sono ancora in corso accertamenti. Nell'ordinanza viene evidenziato che le circostanze della morte di Pozzi avevano destato da subito perplessità negli investigatori per il coinvolgimento del giovane nelle attività di spaccio sull'isola e, successivamente, per i dubbi sollevati dalla sorella Martina, sentita dagli inquirenti a proposito della morte del fratello. Cause inizialmente attribuite dalla Procura di Cassino a una caduta accidentale dell'ex campione di kickboxing da un'altezza di tre metri, mentre era sotto gli effetti della cocaina. Una ricostruzione smontata dalla perizia medico-legale del professor Vittorio Fineschi, ingaggiato dalla famiglia Pozzi, in base alla quale il 27enne sarebbe stato massacrato di botte e poi gettato nell'intercapedine. Secondo Fineschi, inoltre, il quantitativo di cocaina assunto dal ragazzo non sarebbe stato tale da provocare il delirio e la conseguente caduta mortale.
L'inchiesta sullo spaccio mette in luce che i due giovani, Lautieri e Pozzi, pochi giorni prima della tragedia sono andati a Roma per acquistare 70 grammi di cocaina per Pesce, ceduti a 4.800 euro. Ma soprattutto mette nero su bianco la testimonianza di un barista di Formia che rivoluziona gli orari forniti dal coinquilino di Gimmy su quella tragica mattina del 9 agosto. Una vicenda ancora tutta da ricostruire quella della morte del pugile sull'isola.