Pastore fatto schiavo dal datore di lavoro: botte, lobi mutilati, falange mozzata e nessuna paga

Il caso in Sardegna. L'aguzzino arrestato dopo tre anni di brutalità

Martedì 6 Febbraio 2024 di Umberto Aime
Pastore fatto schiavo dal datore di lavoro: botte, lobi mutilati, falange mozzata e nessuna paga

Una falange mozzata, quella del mignolo della mano destra, i lobi delle orecchie tagliati, sul corpo, compreso l'inguine, decine e decine di bruciature, provocate con il cannello di una fiamma ossidrica e poi il volto sfigurato dalle cicatrici lasciate da diverse coltellate. Un servo pastore di 45 anni, con problemi psichici, è stato torturato, marchiato, ridotto in regime di schiavitù dall'allevatore, che lo aveva ingaggiato per poche decine di euro.

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L'aguzzino, Giuseppe Dessì, 44 anni, con precedenti penali per violenza, lesioni e spaccio di stupefacenti, è stato arrestato dai carabinieri di Villasor, comune agricolo del Cagliaritano.

Per lui una sfilza di reati: riduzione in schiavitù, plagio, lesioni aggravate con «la deformazione permanente dell'aspetto fisico della vittima» e, infine, sfruttamento di lavoro in nero. Agli arresti domiciliari è finita anche la compagna del torturatore, complice silenziosa di un inferno durato tre anni.

LA LIBERAZIONE

Davvero un girone infernale, concluso solo pochi mesi fa, a dicembre, con la fuga notturna del servo pastore dall'ovile-lager, aiutato dalla sorella. Le indagini sono scattate poco dopo, da parte della Compagnia dei carabinieri di Sanluri e poi coordinate dalla Procura distrettuale antimafia, visto che il reato di tortura è competenza della Dda di Cagliari. In un mese gli investigatori sono riusciti a raccogliere, oltre al racconto drammatico del pastore, anche numerose testimonianze che hanno finito per confermare quant'era accaduto nella masseria. È stata poi una perizia medico-legale, ordinata dal pubblico ministero, a certificare i segni indelebili lasciati dal martirio patito dal 40enne. «Era un uomo soggiogato, impaurito e sempre sotto ricatto», racconta il maggiore Aldo Melucccio, comandante della compagnia dei carabinieri di Sanluri. Sabato mattina, all'alba, gli investigatori delle caserme di Villasor e Serramanna, più i Cacciatori di Sardegna, hanno fatto irruzione nell'azienda di "Bruncu su Laccu", non lontano dalle ultime case del centro abitato.

LA "PRIGIONE"

In poco tempo i carabinieri hanno scoperto anche la catapecchia in cui il pastore era stato costretto a vivere e dormire: alcune assi di legno messe assieme alla rinfusa, vicinissime alla porcilaia e al ricovero di altri animali. Dall'inizio alla fine, uno scenario disumano, inconcepibile e sconcertante. Di fatto, secondo la ricostruzione, l'aguzzino era riuscito innanzitutto a far isolare dal mondo il servo pastore, allontanandolo dalla famiglia, per poi mettere in atto un piano diabolico e violento dall'inizio alla fine. Almeno negli ultimi due anni, ogni volta che qualcosa non andava per il verso giusto, per esempio la fuga del bestiame, scattavano le punizioni corporali.

LE TORTURE

Nel verbale di denuncia, non manca la descrizione delle torture subite. Quasi ogni giorno, il 40enne era sottoposto a uno o più processi sommari, spesso alla presenza della compagna dell'allevatore, che si concludevano con l'esecuzione di vere e proprie sentenze. Dal taglio della falange, che sarebbe stata fracassata a martellate prima e tagliata poi con un'accetta, alle bruciature sul petto, nella schiena, sulle gambe e anche all'inguine con la fiamma ossidrica, seguendo il rituale della marchiatura del bestiame. Ma anche entrambi i lobi tranciati di netto, anche questo un altro rituale del mondo agropastorale per identificare gli animali di proprietà, poi messo in atto persino dall'Anonima sequestri sarda, quando ai familiari dell'ostaggio voleva dimostrare l'esistenza in vita del rapito. Quasi ogni giorno, il servo pastore doveva subire le angherie di quello che era diventato il suo padrone in tutto e per tutto. Poi, a dicembre, la svolta, all'indomani dell'incontro del 40enne, con una delle sorelle, preoccupata dalla lunga e inspiegabile mancanza di notizie dalla masseria.

LA LIBERTÀ RITROVATA

Messa a conoscenza del dramma vissuto dal fratello, ha organizzato la fuga dal lager e poi s'è presentata in caserma per denunciare tutto quanto le era stato raccontato. Racconto poi confermato dalla vittima delle torture, con una testimonianza, come ha confermato il maggiore Meluccio, «da far accapponare la pelle per le brutalità subite». E come se non bastassero le torture inferte al dipendente, all'allevatore è stato contestato anche di aver organizzato una discarica abusiva. Ben 30 tonnellate fra auto, carcasse varie, ricambi e pezzi di motore, e causa di questo sfasciacarrozze illegale, Giuseppe Dessì è stato denunciato per la gestione non autorizzata di rifiuti speciali.

 

Ultimo aggiornamento: 07:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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