Lanciano, bimbo morto in culla: aveva soltanto 27 giorni

Martedì 8 Agosto 2017 di Gianuca Lettieri
Lanciano, bimbo morto in culla: aveva soltanto 27 giorni
Sono stati i genitori ad accorgersi che il piccolo, 27 giorni appena, non respirava più. Era immobile nella culla dove si era addormentato la sera prima. Poi la corsa in ospedale, ma non c’è stato niente da fare: il bimbo, F.G., è arrivato in pronto soccorso già morto. È una tragedia che sconvolge e commuove un’intera città quella avvenuta, domenica mattina, a Lanciano. La Procura ha aperto un’inchiesta per far luce sul decesso. L’ipotesi più probabile è quella della sindrome da morte in culla.

LA RICOSTRUZIONE

Sono più o meno le undici di mattina quando si consuma il dramma in un appartamento del capoluogo frentano. Una giovane coppia, mamma di 25 anni e papà di 30, si insospettisce per il sonno prolungato del loro ultimo figlio, nato neanche un mese fa. Un presentimento agghiacciante li assale. Lo toccano più volte, tentano di sentirne il respiro. Ma niente: non ci sono segni di vita. A quel punto decidono di portare il piccolo direttamente in ospedale, in macchina, senza allertare il 118 e attendere l’ambulanza. Quando entra in pronto soccorso, il bebè è già in arresto cardiaco. Eppure il personale che si occupa del primo intervento prova comunque a fare tutte le manovre per rianimarlo considerando che l’organismo dei bambini molto piccoli riesce a compensare più a lungo la mancanza di ossigeno. Ma è troppo tardi: il neonato non respira, non c’è più. Il decesso viene dichiarato ufficialmente dopo un’ora dall’ingresso al Renzetti.

Mamma e papà sono distrutti: non riescono a spiegarsi il perché di una tragedia immane, impossibile da accettare. È il personale medico a informare le forze dell’ordine. In ospedale e nell’appartamento arrivano i carabinieri della compagnia di Lanciano, al comando del tenente Massimo Canale, che avvisano il magistrato di turno, il sostituto procuratore Rosaria Vecchi. I militari dell’Arma, come da prassi, ricostruiscono gli ultimi momenti di vita del bambino. Un primo esame esterno esclude la morte per cause violente, così come lesioni collegabili a possibili cadute. Si pensa a un rigurgito, ma nella culla, sul cuscino, sulle lenzuola non ci sono tracce. Il neonato, seguito da un pediatra, stava bene e - anche nella notte precedente al decesso - ha mangiato e si è addormentato. Niente di strano, tutto normale, fino alla terribile scoperta del mattino, riferiscono i familiari agli investigatori. La Procura, come atto dovuto, apre un fascicolo e nomina come consulente il medico legale Pietro Falco. Sarà l’autopsia fissata per stamattina alle otto, e comprensiva di esami tossicologici, a chiarire le cause di una morte silenziosa che - almeno all’apparenza - richiama il triste e raro fenomeno delle morti in culla. I parenti del piccolo ripetono che, nelle poche settimane di vita, non erano emersi problemi di salute o malattie. La Sids - Sudden Infant Death Syndrome - colpisce i bambini tra un mese e un anno di età. Una sindrome-rebus fin dalla sua definizione: la sigla "Sids" infatti non corrisponde neppure a una precisa patologia. Si applica quando si possono escludere (previa autopsia e analisi accurate sul bambino e sulle circostanze della sua morte) tutte le altre cause note per spiegare il decesso del neonato, dalle malformazioni agli eventi dolosi. L’epidemiologia dice che l’incidenza della Sids è contenuta a uno per mille nati vivi.
 
Ultimo aggiornamento: 10:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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