'Ndrangheta, 34 arresti: le mani sul
calcio. Il boss: «Dobbiamo infiltrarci»

Martedì 4 Marzo 2014
'Ndrangheta, 34 arresti: le mani sul calcio. Il boss: «Dobbiamo infiltrarci»
Infiltrarsi come polipi che si devono agganciare dappertutto, i tentacoli devono arrivare dappertutto, ci sono le condizioni per poterlo fare. Sono le parole pronunciate il 6 aprile 2012, nel suo ufficio di Seveso, da Giuseppe Pensabene, il capo della cosca di Desio, in Brianza, arrestato questa mattina dalla squadra mobile di Milano con altre 33 persone, di cui 19 ai domiciliari. La frase del boss intercettata è riportata nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Simone Luerti.



Secondo il giudice dimostra «come l'associazione mafiosa» guidata da Pensabene aveva cercato anche e soprattutto di penetrare nel tessuto economico per gestire e controllare le più svariate attività e aggiudicarsi appalti e lavori pubblici nei settori edilizio, dei trasporti della nautica e delle energie rinnovabili.



Per il giudice le parole di Pesabene, testimoniano come l'organizzazione mafiosa radicata in Brianza «si è avvalsa di numerose società non soltanto in Italia ma anche all'estero - ha osservato il gip - ha esportato parte dei capitali illeciti accumulati in Svizzera ed a San Marino, ha investito cospicue somme di denaro (...) anche nelle attività economiche della società nautica Italianavi srl, proprietaria di alcuni cantieri a Viareggio (LU) (...) e del settore energetico come la Eg Power Milano Est» di Corrado Pulici (anche lui arrestato) «ha erogato moltissimi prestiti a tassi usurari ad imprenditori e commercianti lombardi e non solo, come dimostrano le operazioni usurarie poste in essere con Pozzi Giambortolo, dirigente della società di calcio SPAL o i complessi rapporti finanziari con Antonio Rosati, grosso costruttore di Varese e già presidente del Varese Calcio». Insomma, secondo il giudice tale frase testimonia come il «programma criminoso» e gli «obiettivi, stabiliti da Pensabene e condivisi dai suoi collaboratori (...) oltre a quelli di porre in essere una pluralità indeterminata di delitti di riciclaggio, di usura, di estorsione, di contrabbando e di attribuzione fittizia di beni e di società, e di realizzare conseguentemente profitti e vantaggi ingiusti per la stessa associazione mafiosa, erano soprattutto - si legge ancora nell'ordinanza - quelli di accumulare capitali (in termini di denaro, beni immobili, e complessi aziendali) di sicura provenienza delittuosa, e di reimpiegarli in modo da acquisire la gestione, diretta o più spesso indiretta, ed il controllo di attività economiche, ma anche di concessione di appalti e lavori pubblici, in settori cruciali come quello edilizio, dei trasporti, quello nautico della costruzione di imbarcazioni da diporto, o quello delle energie rinnovabili».



Il capo della Mobile. «Se l'organizzazione 'ndranghetista è riuscita ad arricchirsi e diventare così potente è stato anche per colpa della collusione di imprenditori e di altre figure che non c'entrano nulla col mondo criminale». A parlare è il capo della squadra mobile di Milano, Alessandro Giuliano, durante la conferenza stampa per l'operazione che ha portato all'arresto di 34 persone coinvolte a vario titolo negli affari di una «banca clandestina» della 'ndrangheta tra Milano e la Brianza. «Un altro dato importante emerso dalle indagini - ha continuato Giuliano - è il fatto che nonostante l'organizzazione utilizzi sistemi raffinati per fare soldi (anche con l'ausilio di brooker per la gestione del patrimonio, ndr), non ha dimenticato i metodi mafiosi: l'intimidazione e il ricorso sistematico alla violenza».





Giuseppe De Marinis, uno dei responsabili della società Mexoil e che è stato in passato presidente della squadra di calcio Nocerina, avrebbe subito un violento pestaggio per un debito usurario da parte degli uomini del clan della 'ndrangheta di Desio (Monza e Brianza), smantellato oggi con un'operazione della Dda di Milano. Lo si legge nell'ordinanza del gip di Milano Simone Luerti, nella quale si dice che a De Marinis sarebbe stata causata una «lesione grave come il distacco della retina ad un occhio». Nei primi giorni di luglio del 2012, si legge nell'ordinanza, «il gruppo criminale capeggiato da Pensabene Giuseppe si è reso responsabile» di una estorsione «in danno di De Marinis Giuseppe, dipendente (a fare data dall'inizio del 2011) della società MEXOIL srl, avente sede a Castel San Giorgio (SA), di proprietà ed amministrata dal fratello DE MARINIS Aniello». Di questo episodio, scrive il gip, «connotato da estrema violenza tanto da avere, probabilmente, cagionato a questo ultimo una lesione grave come il distacco della retina ad un occhio, avvenuto presso il domicilio milanese di Ferrario Patrizio, i soggetti coinvolti ne hanno ampiamente discusso all'interno dell'ufficio sito a Seveso (MB) in vicolo Giani n. 16, poichè consapevoli, e preoccupati, di avere posto in essere le condotte violente e minacciose, alla presenza di soggetti estranei, come la moglie dello stesso De Marinis e Ferrario».
Ultimo aggiornamento: 16:09

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