Incendio nella baraccopoli dei migranti vicino a Foggia, due morti.

Venerdì 3 Marzo 2017
Incendio nella baraccopoli dei migranti vicino a Foggia, due morti.
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Due cittadini di nazionalità africana, probabilmente del Mali, sono morti a causa di un incendio scoppiato nella notte all'interno del "Gran ghetto", la baraccopoli nelle campagne tra San Severo e Rignano Garganico, in provincia di Foggia, abitata da alcune centinaia di migranti impegnati nella raccolta dei prodotti agricoli. Quando si è sviluppato il rogo, che in pochi minuti ha avvolto numerose baracche, sul posto erano già presenti i vigili del fuoco, carabinieri e agenti di polizia che stavano presidiando l'area dopo lo sgombero cominciato il 1° marzo.
 

 

La Procura di Foggia esclude al momento che sia di natura dolosa.
Lo spiegano all'Ansa fonti inquirenti che rilevano che sulla vicenda è stata avviata un'indagine per incendio colposo e omicidio colposo plurimo a carico di ignoti. L'ipotesi che l'incendio possa essere stato doloso - a quanto si apprende - non è mai stata avanzata ai pm foggiani né dai Vigili del fuoco né dalle altre forze di polizia intervenute sul posto.


Tuttavia i dubbi sull'ipotesi di un rogo doloso rimangono. L'incendio si è sviluppato su un'area di oltre 5000mq e ha distrutto un centinaio di baracche. Quando le tre squadre di vigili del fuoco sono riuscite a circoscrivere e spegnere le fiamme hanno trovato i corpi carbonizzati dei due africani. «È stato troppo violento e improvviso - ha riferito un vigile del fuoco - e quindi non si esclude che possa essere stato appiccato da qualcuno».

I due migranti morti si chiamavano Mamadou Konate e Nouhou Doumbia e avevano rispettivamente 33 e 36 anni e venivano entrambi dal Mali. A identificarli sono stati altri migranti del ghetto, che hanno riferito i loro nomi alla polizia. Una delle due vittime, Konate, è stato trovato disteso su una brandina, carbonizzato. L'altro è stato trovato nei pressi dell'uscita della baracca. Probabilmente si deve essere accorto di quanto stava avvenendo e ha tentato di mettersi in salvo, ma non ci è riuscito.

L'incendio si è sviluppato improvvisamente e con violenza, grazie anche al forte vento che ha alimentato le fiamme e ha reso difficile le operazioni di spegnimento. Il rogo ha anche provocato l'esplosione di numerose bombole di gas che venivano utilizzate nelle baracche per alimentare stufe e cucine. 

Due giorni fa era cominciato lo sgombero della baraccopoli da parte delle forze dell'ordine disposto dalla Dda di Bari nell'ambito di indagini avviate nel marzo del 2016 riguardo presunte infiltrazioni della criminalità. Lo sgombero che non è avvenuto totalmente perché alcuni dei 350 migranti che erano nella baraccopoli si sono rifiutati di andare via. Ieri mattina alcuni di loro - circa 200 - hanno protestato davanti alla prefettura di Foggia, ribadendo di non voler lasciare il Ghetto e chiedendo di voler parlare con il prefetto.

«Noi vogliamo lavorare e dormire nel ghetto, ma ci è stato detto di andare via, perché la magistratura ha stabilito che non si può stare in questo luogo», ha raccontato uno degli immigrati, un giovane della Costa d'Avorio che vuole mantenere l'anonimato e preferisce farsi chiamare "Alfa". Il giovane si trova in Italia da circa 10 anni e da diverso tempo vive nel gran ghetto. Alfa racconta che nel tardo pomeriggio di ieri gli immigrati hanno avuto un incontro con il prefetto di Foggia, il comandante dei carabinieri e un rappresentante della regione Puglia ai quali hanno riferito di essere anche disponibili a lasciare la baraccopoli, ma di non avere un posto in cui andare perché, spiega, «le due strutture messe a disposizione contengono in totale 110 posti, non sufficienti ad accogliere tutti i migranti del ghetto».

«Ci hanno chiesto cosa vogliamo - ha detto ancora - e noi abbiamo risposto che vogliamo lavorare e dormire nel Ghetto. La loro risposta è che dovevamo andare via e che ci erano state messe a disposizione le due strutture. Gli abbiamo risposto che questa soluzione non andava bene perché ci sarebbero state molte persone che non avrebbero avuto una dimora». «La loro risposta - ha concluso - è che al momento questi sono i posti a disposizione e che comunque, entro oggi dobbiamo andare via dal Ghetto per disposizione della Procura della Repubblica».


Gli abitanti del Gran Ghetto di Rignano «devono andare via, per loro sono state trovate delle sistemazioni alternative. La Regione - spiega il viceprefetto di Foggia Daniela Aponte replicando al migrante "Alfa" - si è impegnata a trovare i posti anche per gli altri migranti che si trovano nel ghetto. Ma è importante che loro ci vadano in queste strutture, così possiamo vedere quanti sono realmente e quanti posti sono ancora necessari». «Se loro - sottolinea - continuano a fare ostruzionismo, non si potrà mai quantificare il numero dei posti necessari. La loro è una scusa che si inventano (quella degli scarsi posti disponibili, ndr) perché non vogliono lasciare il ghetto. Questo ormai non è più possibile». «La Regione - conclude il viceprefetto - ha detto che metterà a loro disposizione le strutture adatte e anche i pullman necessari per i trasferimenti. Adesso tocca a loro. Non possono più rifiutarsi di abbandonare il Gran Ghetto».

Sono già arrivate le ruspe per abbattere le baracche di legno e cartone che davano un riparo a centinaia di immigrati che lavorano nei campi della Capitanata. I migranti sono stati fatti salire a bordo dei pullman messi a disposizione dalle forze dell'ordine per essere accompagnati nelle due strutture ricettive indicate dalla Regione Puglia: Casa Sankara che si trova lungo la statale 16 a qualche chilometro da Foggia e l'Arena che si trova alla periferia di San Severo. In tutto le due strutture assicurano 110 posti. «In realtà - afferma l'avvocato Giovanni Marseglia che cura gli interessi dei migranti - ci sarebbe bisogno di 400-500 posti letto per soddisfare tutte le richieste, per questo si dicono preoccupati, non sapendo dove possono essere destinati dopo aver lasciato il ghetto».

«L'esistenza di luoghi di sfruttamento come quelli del ghetto è inaccettabile ed è urgente un intervento per garantire condizioni di vita dignitose alla popolazione del Ghetto di Rignano e di tutti gli insediamenti simili, a partire dall'assistenza sanitaria». Lo afferma Emergency che ha lavorato nella zona per quasi 5 anni, conosce le «terribili condizioni di vita» dei lavoratori stagionali, ha offerto, nelle campagne della Capitanata, assistenza sanitaria ai braccianti, effettuando 18.000 visite, dal 2011 al 2013 con fondi propri e dal 2013 al 2015 attraverso una convenzione con la Regione Puglia. «Allo scadere della convenzione, il 31 dicembre 2015, la Regione - ricorda l'associazione in una nota - non l'ha rinnovata comunicando la volontà di smantellare le baraccopoli. In attesa dell'effettivo smantellamento, Emergency ha continuato a offrire la sua disponibilità, ma non ha ricevuto risposte positive dalle istituzioni». Rinnova ora la sua disponibilità a lavorare nella zona in attesa che si completi il ricollocamento dei cittadini stranieri in luoghi dignitosi. Attivisti dei movimenti al fianco degli immigrati hanno organizzato per sabato mattina, alle 11, un presidio davanti al ministero dell'Interno.

Ultimo aggiornamento: 4 Marzo, 20:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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