Ikea, bimbo soffocato da un hot dog
La mamma: «È tutta colpa mia»

Sabato 15 Marzo 2014 di Maria Lombardi
Ikea, bimbo soffocato da un hot dog La mamma: «È tutta colpa mia»
ROMA - Preghiamo, che altro possiamo fare?. Stringe la mani, la nonna del piccolo Francesco, affida al cielo le sue speranze, sa bene che non sono molte.

«È molto grave, sta malissimo e non ci sono miglioramenti». Altro non può fare che attendere, come tutti: che un’altra notte passi e un altro giorno e poi chissà, si saprà non prima di lunedì quali sono i danni che la lunga asfissia ha provocato nel bambino di tre anni. Giovedì il piccolo ha rischiato di soffocare per un pezzetto di wurstel andato di traverso mentre era con la mamma al ristorante di Ikea.



Le condizioni sono stabili, spiegano i medici del policlinico Gemelli dove il bambino è ricoverato in terapia intensiva pediatrica, ma «gravissime». La sua vita appesa a un filo, troppo lungo il tempo senza respiro, quanti minuti esatti non si sa. Fino a stasera sera sarà sottoposto a ipotermia terapeutica a 34 gradi profonda e 32 superficiale per proteggere gli organi, in particolare il cervello. Poi i medici inizieranno a riscaldarlo per riportare la temperatura del piccolo alla normalità, e valutare come reagirà il corpicino, soprattutto per il cervello. Solo allora si capirà.



LA MADRE

«È stata colpa mia», la madre del bambino si dispera e si tormenta: chissà se non avesse provato a togliergli dalla gola il boccone che il bambino non riusciva a mandare giù e magari nel tentativo di aiutarlo a liberarsene ha spinto il pezzetto ancora più; chissà se fosse stata più attenta mentre lui mangiava, se si fosse accorta subito. Tanti dubbi che moltiplicano il dolore, «tutta colpa mia», ripete. Giovedì, all’ora di pranzo, madre e figlio al ristorante di Ikea nel centro commerciale Porta di Roma. Il piccolo ha fame, la mamma compra un hot-dog. Non c’è posto a sedere, lei resta in piedi e per il piccolo trova un angoletto sul tavolo. Un colpo di tosse, poi un altro ancora, Francesco in pochi secondi è paonazzo e fatica a respirare. La mamma urla, chiede aiuto, chi le è accanto corre ad allertare i dipendenti di Ikea. «Serve un dottore, c’è un bambino che sta male», anche un minuto sembra un’eternità per chi sta lì ad aspettare mentre il bambino peggiora, fatica sempre più e sembra che il respiro scompaia.



Arriva qualche medico che è lì a fare acquisti, arriva «immediatamente anche il personale Ikea addetto al primo soccorso», precisa in una nota l’azienda. Ma i tentativi di disostruire le vie aeree - una manovra che se fatta bene può salvare la vita - non riescono. E il bambino è ormai cianotico, ha gli occhi rivolti verso l’alto, ha perso conoscenza. «È morto», chi lo vede in quelle condizioni lo dà per spacciato. La prima ambulanza arriva in 13 minuti, dicono al 118, subito dopo l’altra. Il medico del 118 riesce a liberare il bambino dal boccone che lo sta soffocando, all’inizio il piccolo non respira da solo, è necessario il palloncino per dargli aria e rianimarlo. Il battito del polso non c’è più, torna solo dopo qualche secondo. La corsa all’ospedale Villa San Pietro e poi al Gemelli dove il piccolo viene ricoverato in terapia intensiva pediatrica, è in fin di vita.



L’APNEA

Prega la nonna, tutti pregano per Francesco fuori e dentro il reparto, c’è chi chiede di lui in lacrime e nemmeno l’ha mai visto. Il piccolo è sedato e costantemente monitorato dai medici. Il grande timore è che per troppo tempo il bambino sia rimasto senza ossigeno, chi dice 20 minuti solo con un filo d’aria, chi addirittura 40. E questa lunghissima apnea potrebbe aver provocato danni irreparabili.

Intanto è polemica sui soccorsi. Qualche testimone racconta che il personale di Ikea non è intervenuto subito - anche se l’azienda sostiene il contrario - e che si sarebbe perso tempo per soccorrere il bambino.
Ultimo aggiornamento: 16 Marzo, 15:01

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