La tragedia di Desirée, spunta anche un italiano: «Lui fornì le pasticche»

Domenica 28 Ottobre 2018 di Michela Allegri
La tragedia di Desirée, spunta anche un italiano: «Lui fornì le pasticche»
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L'hanno stuprata e uccisa con «crudeltà e disinvoltura». E l'hanno drogata con un mix letale di stupefacenti e psicofarmaci forniti da un pusher italiano che ora gli investigatori stanno cercando: avrebbe aiutato il branco a preparare la trappola fatale in cui è incappata Desirée Mariottini, la sedicenne di Cisterna di Latina morta nella notte tra il 18 e il 19 ottobre in uno stabile abbandonato a San Lorenzo, a Roma, dopo 12 ore di sevizie. Gli indagati hanno abusato di lei «ripetutamente», l'hanno poi «abbandonata» nonostante «l'evidente e progressivo peggiorare del suo stato». E hanno «impedito ad alcuni presenti di chiamare i soccorsi».

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Lo scrive il gip Maria Paola Tomaselli nell'ordinanza di custodia cautelare a carico di Madadou Gara, Mineth Brian e Chima Alinno, i tre componenti del branco fermati su disposizione del pm Stefano Pizza. Il gip sottolinea anche che «la condizione di incoscienza in cui si trovava la ragazza, sempre più grave e intensa, è riconosciuta da tutti i presenti». Tanto che anche alcuni dei testimoni sentiti, ora, rischiano di essere a loro volta indagati per non essere intervenuti. Un'amica ha raccontato di avere aiutato il branco a spostare il corpo nudo di Desirée e di avere rivestito la ragazzina quando era ormai senza vita: ha detto «di essere stata chiamata da tale Hyten che le chiedeva di rivestire una ragazza mezza nuda all'interno del container». Gli inquirenti stanno cercando di capire se questo uomo possa essere un altro componente del branco.


GLI INTERROGATORI
Il dispositivo del giudice è arrivato ieri, dopo gli interrogatori di convalida degli indagati a Regina Coeli. Solo Mineth, detto Ibrahim, ha deciso di rispondere al magistrato: «Non sono stato io, sono stati altri, due stranieri che occupano un altro dei container abbandonati a San Lorenzo». Agli inquirenti ha fornito i loro nomi e ora gli agenti della Squadra Mobile li stanno cercando. Per l'accusa, il branco potrebbe essere composto anche da altre persone. La Scientifica, infatti, sta isolando le tracce di Dna trovate sul corpo della sedicenne per capire se siano più di 4 gli uomini che hanno stuprato la vittima. Alinno, detto Sisco, ieri si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma al suo avvocato Giuseppina Tenga ha giurato di non avere «sfiorato Desirée, era solo una bambina». Il primo ad accusarlo era stato Mamadou - soprannominato Paco - che, al momento del fermo, aveva ammesso di avere dato alla sedicenne delle pasticche e di avere avuto rapporti con lei insieme all'amico.

Dentro allo stabile abbandonato di via dei Lucani, il 18 ottobre sono passati in tanti. I loro racconti sono stati fondamentali per ricostruire le ultime ore di vita di Desirée. «Le hanno somministrato un mix di gocce, metadone, tranquillanti e pasticche», racconta Muriel. È lei che ha rivestito la ragazzina. Un altro testimone ha dichiarato che il branco aveva indotto la sedicenne ad assumere il cocktail letale «facendole credere che si trattasse solo di metadone».

Il principale fornitore di droghe era Yusif Salia, il quarto indagato, arrestato due giorni fa vicino a Foggia. Ma all'appello mancano altri due aggressori. E una terza persona: il pusher italiano, che riforniva il branco di psicofarmaci. «Si chiama Marco, viene sempre in via dei Lucani», hanno raccontato vari testi.

I FARMACI
Nella tasca dei pantaloni di Desirée gli investigatori hanno trovato una boccetta di Tranquillit mezza vuota. «Le hanno dato quello, metadone e compresse», ha detto una ragazza.

Durante un sopralluogo, la Scientifica ha trovato scatole di psicofarmaci: Quentiax, Tolep, Ariprazolo focus. Tutti i medicinali li portava «tale Marco - scrive il gip - un italiano frequentatore dell'immobile» e che - hanno raccontato in molti - rubava le compresse alla madre. Il sospetto è che il branco avesse programmato da giorni di violentare Desirée - che frequentava il capannone da due settimane - e si fosse attrezzato recuperando sostanze per poterla sedare e stuprare, ognuno «in attesa del suo turno - sottolinea il gip - in un avvicendamento senza soluzione di continuità». Per il giudice, hanno ridotto la ragazzina «ad un mero oggetto di soddisfazione sessuale». Poi, «hanno impedito i soccorsi, assumendo lucidamente la decisione di sacrificarne la giovane vita per garantirsi l'impunità».

Ultimo aggiornamento: 29 Ottobre, 00:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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