Ecco le stanze dell'orrore dove morì Desirée, il gip: «Il branco decise di sacrificarla»

Giovedì 15 Novembre 2018 di Michela Allegri e Camilla Mozzetti
Ecco le stanze dell'orrore dove morì Desirée, il gip: «Il branco decise di sacrificarla»

Ha deciso «lucidamente» di «sacrificare la sua giovane vita», scrive il gip Maria Paola Tomaselli nell'ordinanza a carico del quarto componente del branco che, per l'accusa, ha stuprato e ucciso Desirée Mariottini, dopo averla imbottita di droghe e psicofarmaci. Una ricostruzione su cui la Procura non è disposta a cedere, nonostante il Tribunale del Riesame, due giorni fa, abbia fatto cadere la contestazione di omicidio e violenza di gruppo a carico di due indagati. Ieri, dopo l'interrogatorio di garanzia a Regina Coeli, anche la posizione di Marco Mancini per i pm è il pusher che ha ceduto alla ragazzina psicofarmaci si è alleggerita: il carcere è stato confermato, ma per il giudice non c'è l'aggravante contestata dalla Procura di avere dato stupefacenti direttamente alla minore. E in serata, sul caso è intervento il ministro dell'Interno Matteo Salvini: «Accuse che cadono, posizioni che si alleggeriscono, indagati che propongono ricostruzioni fantasiose... Desirée merita giustizia, i criminali che l'hanno uccisa devono pagare tutto, noi non la dimentichiamo».

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LE FOTO
Intanto, tra gli atti depositati al Riesame, ci sono anche le fotografie del luogo dell'orrore fatte dalla Scientifica durante un sopralluogo. Ecco lo stabile abbandonato di via dei Lucani, a san Lorenzo: muri scrostati, sbarre alle finestre e materassi sudici. Chissà se Desirée ha capito in quale posto era finita. Se riusciva a distinguere mentre le droghe la stavano uccidendo il vecchio mobile con la macchina da cucire al centro della stanza o quella bottiglia di latte che sbucava da un angolo. Chissà se il suo sguardo è andato oltre i vetri sporchi delle finestre di quel capannone, dove alcuni uomini del branco, prima di decidere «lucidamente di sacrificare la sua giovane vita», l'avevano abbandonata su un vecchio materasso. L'hanno lasciata morire in quella che i tossicodipendenti di via dei Lucani chiamavano la «stanza del crack»: un capannone fatiscente, senza porte e con le imposte divelte, dove drogarsi e passare la notte per smaltire lo stordimento. È questo il non-luogo dove la ragazzina di Cisterna ha chiuso gli occhi per sempre nella notte tra il 18 e il 19 ottobre. Ma non c'è solo la «stanza del crack» nel palazzo dell'orrore a San Lorenzo. Altri angoli infernali si scoprono varcando il cancello bianco: c'è la «stanza degli spacciatori» e quella degli «africani». Accanto al capannone dove Desirée è morta, c'è «il container»: due materassi e una mensola dove venivano appoggiati gli psicofarmaci. È proprio qui che Desirée è la tesi della Procura è stata violentata a turno da Yusif Salia, Mamadou Gara, detto Paco, Brian Minteh e Chima Alinno. Ed è proprio qui che Muriel una delle testimoni chiave l'aveva trovata nuda e l'aveva rivestita, prima di aiutare il branco a spostarla nella «stanza del crack».
 


Ieri, mentre a Roma Mancini veniva interrogato a Regina Coeli contraddicendo alcuni testimoni ha dichiarato di non essere stato in via dei Lucani il giorno dell'omicidio , a Foggia un altro gip sentiva Salia, arrestato nei pressi del capoluogo pugliese dopo avere tentato la fuga. Assistito dagli avvocati Margherita Matrella e Giovanni Vetritto, ha ammesso il rapporto, ma ha negato la violenza: «Era consenziente. Mi aveva fatto vedere un tesserino sanitario con una data di nascita sbagliata, diceva di essere maggiorenne». Intanto, i giudici del Riesame, che due giorni fa hanno fatto cadere le accuse di omicidio e stupro di gruppo a carico di Chima Alinno assistito dall'avvocato Giuseppina Tenga e di Brian Minteh, dovranno pronunciarsi anche sulla posizione di Paco.

L'ORDINANZA
Per il gip Tomaselli, lui e Salia sono «certamente responsabili della somministrazione del mix letale». Sarebbe stato Yusif a condurre Desirée nel container, a violentarla per primo, mentre Paco era sdraiato in un materasso lì accanto, in attesa «del suo turno». La somministrazione del cocktail di psicofarmaci e droghe aveva uno scopo: «Indurre una condizione di minorata difesa», scrive il giudice nell'ordinanza a carico di Salia. In questa prima fase, gli indagati hanno «accettato l'eventualità di un possibile decesso della minore». Una consapevolezza che, «con l'evolversi degli eventi», si sarebbe trasformata in una volontà precisa: «Dolo diretto», dice il gip, «nel momento in cui Paco e Yusif omettono di prestare qualsivoglia soccorso, allontanandosi il primo dal luogo nonostante l'evidente stordimento della vittima, o, addirittura, ostacolando o l'intervento di altri». Yusif «invece di allarmarsi e provvedere a scongiurarne il decesso, ha impedito di chiamare aiuto, assumendo lucidamente la decisione di sacrificarne la giovane vita per garantirsi l'impunità». Per l'accusa, il branco avrebbero fatto leva «sulla situazione di debolezza» della ragazzina: la nonna ha raccontato che Desirée era timida e insicura a causa di una malformazione a un piede che su di lei aveva avuto «forti ripercussioni sul piano emotivo».
 

Ultimo aggiornamento: 11:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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