Brindisi, speranze svanite: trovati i cadaveri dei due pescatori, l'ultima telefonata: «Aiuto, stiamo affondando»

Sabato 8 Aprile 2017 di Mariateresa Lanzillotti
Brindisi, speranze svanite: trovati i cadaveri dei due pescatori, l'ultima telefonata: «Aiuto, stiamo affondando»
A oltre tre settimane dall'ultimo, disperato appello, i cadaveri di Francesco De Biasi e Sante Lanzilotti sono stati ritrovati in Albania. Ma nessuna traccia della barca a bordo della quale avevano solcato il mare, a quanto sembra per una battuta di pesca. I famigliari continuano a chiedersi cosa sia successo.
Il dramma è iniziato lo scorso 14 marzo. Secondo quanto emerso dalle indagini sulla loro scomparsa, i due uomini hanno lasciato il porticciolo di Torre Santa Sabina (Brindisi), per l’ultima volta, quel martedì. Verso le 12, De Biasi è montato sulla sua auto ed ha raggiunto Lanzilotti. Poi, insieme, i due si sono spostati nella località marittima di Carovigno.
Al porticciolo c’era ormeggiata l’imbarcazione da pesca di De Biasi con tutti gli attrezzi da lavoro a bordo, Lanzilotti una barca non ce l’aveva. A quanto ricostruito, a quel punto, i due potrebbero essere saliti su un secondo natante. Un’imbarcazione da diporto lunga circa 6 metri e mezzo di colore bianco, con una striscia blu sul fianco e soprattutto con motori potenti.
Da qui, secondo quanto trapelato, il prossimo contatto con la terra ferma, De Biasi e Lanzilotti lo avrebbero avuto solo nella tarda serata dello stesso giorno. Il primo avrebbe telefonato al proprietario della barca: “Aiuto, stiamo affondando”.
Poi il silenzio. Sono ancora in corso le indagini finalizzate a ricostruire quanto sia accaduto. Il dato certo è che il giorno successivo, i famigliari di De Biasi hanno iniziato a temere la scomparsa dell’uomo e del suo amico e si sono rivolti alle Autorità.
Le ricerche in mare sono scattate intorno alle 15.
A questo punto carabinieri e capitaneria di porto hanno iniziato a lavorare gomito a gomito, gli uni sul fronte investigativo, gli altri scandagliando la costa pugliese sia con mezzi marittimi, ché con elicotteri.
Le ricerche in mare si sono interrotte dopo 2 giorni, per le ragioni specificate dalla Prefettura in una nota: non c’erano stati riscontri, nonostante le ricerche fossero andate avanti senza soluzione di continuità.
Dal 17 marzo in poi il silenzio assoluto. Le famiglie dei due uomini si sono rivolte continuamente alle autorità chiedendo se ci fosse qualche tipo di novità, anche solo dal punto di vista investigativo. Ma nulla. Solo la raccomandazione avere pazienza.
La svolta arriva solo questa settimana, quando i fratelli di De Biasi ricevono finalmente una notizia. Scoprono per vie traverse che sulla costa albanese, nei pressi di Tirana, sono stati rinvenuti due corpi e che potrebbe trattarsi proprio di Francesco e Sante.
A questo punto, i famigliari allertano i carabinieri i quali avviano i rapporti con le autorità che operano al di là del Canale d’Otranto. Giorni, ore di attesa. Giovedì sera, le famiglie sono state convocate per il riconoscimento delle salme.
Un fratello ed il figlio di De Biasi si sono immediatamente messi in viaggio. Ieri, poco dopo ora di pranzo, la speranza ha ceduto il passo alla verità. I corpi trovati in Albania erano davvero quelli di Francesco e Sante.
La fine dell’angoscia legata alla consapevolezza di non sapere dove si trovassero i due amici da parte di fratelli, nipoti, cognati, figli e padri. Il prosieguo più doloroso che si potesse immaginare per una vicenda già molto sofferta.
I parenti dei due uomini hanno subito avviato le procedure necessarie per riportare a casa le loro salme, bisognerà attendere però un po’ di tempo, per espletare le procedure burocratiche, prima di poter celebrare i funerali di Francesco e Sante.
Non è comunque ancora possibile mettere la parola fine a questa storia. Ci sono indagini in corso. I lati oscuri della vicenda rimangono troppi. Tante le domande senza risposta circa la scelta di quell’insolito orario per la partenza da Santa Sabina, la decisione di prendere un’imbarcazione potente di proprietà di una terza persona, senza caricare le reti da pesca, la telefonata, lo spiaggiamento albanese. Gli stessi famigliari, ora chiedono verità e giustizia. A seguire l’evoluzione dell’inchiesta, per la famiglia Lanzilotti, il legale Vito Cellie.
Ultimo aggiornamento: 10 Aprile, 12:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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