Non è l’assassino, fa 20 anni di carcere e viene assolto: «Condannato per frase interpretata male»

Giovedì 23 Febbraio 2017 di Lino CAMPICELLI
Non è l’assassino, fa 20 anni di carcere e viene assolto: «Condannato per frase interpretata male»

Vent’anni dopo la condanna emessa dalla Corte d’assise di Taranto, il cinquantunenne Angelo Massaro è stato assolto dall’accusa di aver ucciso, il 10 ottobre 1995, Lorenzo Fersurella.
«Per uno sgarro nell’ambito delle questioni di droga», fu la motivazione che sopravvisse alla causa di secondo grado con conferma in Cassazione. Per rendere giustizia all’imputato originario di Fragagnano, che ha passato tutti questi anni in carcere, è stata però necessaria un’altra pronuncia della Corte di Cassazione che nel 2015, accogliendo i rilievi mossi dall’avvocato Salvatore Maggio, prese una decisione non consueta: disse “sì” alla revisione del processo. Il placet era giunto agli inizi del maggio di quell’anno, dopo che l’avvocato Maggio aveva avviato la richiesta di revisione del processo, basata sull’esito di indagini difensive con le quali aveva puntato a scagionare l’imputato che era dietro alle sbarre.

 
Quella richiesta di revisione, per la cronaca, era già stata bocciata dalla Corte d’appello di Potenza che l’aveva bollata come inammissibile. Contro quel verdetto, però, l’avvocato Maggio aveva proposto ricorso in Cassazione. E la decisione finale aveva premiato la sua tenacia. E quella dello stesso Massaro che sin dal primo grado di giudizio, regolato da una sentenza emessa nel novembre 1997, aveva gridato la sua assoluta estraneità all’omicidio.
Nella circostanza, la Corte di Cassazione, nell’accogliere il ricorso proposto dall’avvocato tarantino, aveva rimesso gli atti relativi alla richiesta di revisione ad altra sezione della Corte di appello.
E il processo era sfociato all’esame della Corte d’appello di Catanzaro che, appunto, ha mandato assolto l’imputato per non aver commesso il fatto. Lorenzo Fersurella fu trovato privo di vita in una cava alla periferia di San Giorgio Jonico, dopo la denuncia di scomparsa presentata dal padre della vittima. Il giovane sangiorgese era stato ucciso a colpi di pistola.
I primi accertamenti avevano acceso i riflettori sulla posizione di Massaro, del quale Fersurella era amico. Massaro, proprio in ragione di quella amicizia vantata con la vittima, aveva da subito preso le distanze da ogni responsabilità.
Una intercettazione, il cui senso era stato evidentemente equivocato, aveva indotto gli inquirenti a pigiare l’acceleratore sulla sua presunta responsabilità. Nella intercettazione, l’uomo diceva alla moglie che avrebbe tardato a rientrare perché aveva “qualcosa” da portare.
Il termine qualcosa, in realtà, aveva avuto una esplicitazione dialettale, il cui senso cambiava a seconda della consonante finale. Per gli inquirenti, Massaro doveva portare un “muert”: cioè il corpo privo di vita di Fersurella da far sparire.
Per Massaro, al contrario, quel qualcosa era un ““muers” che in dialetto tarantino sta ad indicare un oggetto, un materiale particolarmente ingombrante.
Infatti, nessuno volle credere che l’uomo si stava riferendo a un macchinario in panne. In aggiunta a quella interpretazione, però, a segnare la sua fine giudiziaria, nel processo di primo grado, spuntò la dichiarazione di un pentito secondo il quale «negli ambienti della malavita si diceva che ad uccidere Fersurella fosse stato Massaro per motivi di droga».
Massaro, il cui difensore originario aveva rinunciato all’esame di alcuni testimoni che avrebbero potuto scagionarlo, fu condannato. E quella condanna a 24 anni Massaro se la trascinò sino a sentenza definitiva. Successivamente, però, grazie a quelle testimonianze reintrodotte agli atti, a una perizia che chiarì il senso del termine intercettato, cioè “muers” e non “muert”, e grazie soprattutto a un documento scovato negli archivi da cui emerse che Massaro, nelle ore in cui Fersurella fu ucciso, era nel Sert di Manduria per problemi personali, la Cassazione rilevò la valenza e la necessità di una revisione del processo.
Chiusa ieri con l’assoluzione dopo vent’anni passati in carcere.


Massaro, arrestato il 15 maggio 1996, è stato in carcere a Foggia, Carinola (Caserta), Taranto, Melfi e Catanzaro.
Nei 20 anni di detenzione è stato spesso lontano dalla residenza famigliare e quindi dalla moglie e dai due figli. Dal carcere ha scritto lettere di sensibilizzazione al blog 'urladalsilenzio', al ministero della Giustizia, al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, all' associazione Antigone e all'associazione 'Bambini senza sbarre'. Il difensore di Massaro è riuscito a dimostrare che il suo assistito si trovava in una località diversa da quella dalla quale scomparve la vittima, depositando atti, testimonianze e le intercettazioni di un altro procedimento giudiziario. Nel 2011 Massaro era stato assolto dall'accusa di un altro omicidio avvenuto nel 1991. Ora il legale presenterà domanda di risarcimento per ingiusta detenzione.

Ultimo aggiornamento: 23:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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