La polemica, il modello milanese non è applicabile alla complessa Roma

Sabato 31 Ottobre 2015 di Oscar Giannino
Esportare il modello-Milano a Roma e in tutta Italia? È questo lo slogan all’indomani della chiusura di Expo e della nomina del prefetto di Milano, Tronca, a commissario di Roma. È uno slogan che può sembrare ovvio e seducente, di fronte all’imminente Giubileo a Roma. Ma bisogna avere l’onestà di dirlo: attenti all’equivoco, perché c’è bisogno di altro.





L’Expo è finito ieri con un ottimo bilancio. «L’Italia ha vinto la sfida», ha detto alla cerimonia conclusiva il Capo dello Stato, Mattarella. È un fatto inoppugnabile. Quando i ritardi nei lavori fecero dire ai più che la scommessa appariva in bilico, quando la scure degli scandali e delle indagini giudiziarie colpì anche progetti legati a Expo come quello delle cosiddette “Vie d’Acqua”, tutte le istituzioni milanesi, il governo nazionale e i manager di prima fila di Expo seppero serrare le fila. E il risultato c’è stato. Ventuno milioni di visitatori. Tutte le delegazioni internazionali, politiche e del mondo del business, unanimi nel riconoscere che non si aspettavano una prova così riuscita dall’Italia.



La vera chiave del metodo-Milano è stata una sola. Constatato che anche a Milano i ritardi delle procedure ordinarie dell’ancora vigente codice degli appalti si sommavano a quelli precedenti nelle decisioni di Regione e Comune, e che il malaffare era in agguato anche negli appalti lombardi, di fronte al baratro internazionale che sembrava aprirsi tutti hanno saputo convergere. Il governo ha messo soldi. I manager di Expo, Regione e Comune hanno concordato comunque col governo di procedere in regime di deroga rispetto alle gare, ma spalancando a Raffaele Cantone e all’Anac la porta preventiva di ogni aggiudicazione. I sindacati hanno siglato mesi prima la tregua su ogni sciopero. Quando l’inaugurazione fu bruttata dai black bloc, che misero a fuoco il centro di Milano, la reazione civile e istituzionale fu immediata e unanime. Ma detto questo è il caso di fare quattro osservazioni.



La prima è che il prefetto Tronca, da solo, non avrebbe potuto ottenere nulla più a Milano del collega Gabrielli a Roma, se non avesse incontrato una convergenza assoluta di tutte le istituzioni, centrali e locali. Non è così a Roma, dove l’esperienza Marino tramonta nello scontro aperto tra governo e Pd da una parte ed ex sindaco dall’altro. E lo stesso vale per Napoli o Palermo e il resto del Sud. Forse è per questo ed è comunque apprezzabile, che il prefetto Tronca neo commissario a Roma abbia ieri cominciato a correggersi e a frenare, sulla replicabilità del modello-Milano anche altrove.



La seconda. Expo è stato un successo, ma la sfida ha riguardato infrastrutturare e gestire al meglio un’area di 100 ettari. Sono un milione di metri quadrati, cioè un chilometro quadrato. Ma il Comune di Roma ha una superficie 1.285 volte superiore: pari alla somma di Milano, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna, Firenze, Bari e Cagliari insieme. A Roma per il Giubileo, per quanto gonfiate siano le cifre girate sull’attesa di pellegrini, è enormemente più complesso il compito di assicurare in poche settimane trasporti pubblici e raccolta d’immondizia efficienti, dopo decenni di malaffare e inefficienza, conflittualità diffusa e incuria civica. E la stessa cosa vale in tutto il Sud, verso il quale il governo non mostra la stessa forte disponibilità riservata a Milano, all’Expo prima e ora all’utilizzo dell’area post Expo.



La terza. Riguarda un tema scivoloso: la moralità pubblica. Sostenere la superiorità etica di Milano su Roma e sul Sud è un modo certo per sbagliare. Anche Expo è stato realizzato in un regime di deroghe, e con le Procure addosso. Bisogna dunque sperare per l’Italia tutta che la riforma del codice degli appalti venga finalmente approvata dal parlamento, a 16 mesi dalla sua presentazione. E che il ruolo dell’Anac diventi regola e non eccezione nella fase pre-appalti, anche a Roma dove la percentuale di gare affidate senza evidenza pubblica è rimasta maggioritaria anche sotto il sindaco Marino. E dove ancor non conosciamo i nomi dei 101 funzionari pubblici collusi con il malaffare nell’amministrazione capitolina e delle municipalizzate, secretati nel rapporto della commissione d’indagine di prefetti e funzionari del Mef che precedette la relazione del prefetto Gabrielli. Ma no, non c’è una superiorità morale del Nord sul Sud. In Italia c’è un problema generale di troppe regole vischiose che spalancano la porta ad affari impropri di chi le gestisce. Quando l’ex assessore ai Trasporti di Roma Esposito dice che funzionari e dipendenti del suo assessorato sono collusi, non è un prefetto super-commissario da solo a poter far pulizia. Cento centri di spesa pubblica all’ombra del solo Campidoglio e delle sue società partecipate sono ben altro problema, rispetto all’unica società che ha gestito Expo.



La quarta osservazione, conclusiva. Dal successo di Expo c’è da imparare. Ma i guai profondi di Roma e del Sud sono una sfida cento volte più complessa. Solo mobilitando per anni risorse incomparabilmente superiori, risorse istituzionali e civili, economiche e professionali, sarà possibile colmare il profondo fossato della fiducia aperto tra cittadini e cosa pubblica. Il miglior Giubileo possibile a Roma ha la forza di un simbolo. Ma la sfida a Roma e nel Sud non durerà sei mesi come a Milano, perché troppi sono gli anni degli errori commessi e da riparare.



Ultimo aggiornamento: 23:51

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