40 anni senza Nereo Rocco, perchè il Paron è diventato un mito

Mercoledì 20 Febbraio 2019 di Maurizio Ferin
Il Paron con HH prima di un derby
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Se avesse saputo che 40 anni dopo la sua morte il mondo del calcio italiano avrebbe parlato di lui con così tanto rispetto e devozione, forse Nereo Rocco avrebbe pronunciato una delle sue celebri frasi. “Ma va in mo...”, magari.

Profondamente triestino, in quell’autoironia mescolata all’orgoglio, il Paròn ha esportato la cultura sportiva della sua città, Trieste, in tutto il mondo. E ancora oggi non si può non fare i conti con ciò che Rocco ha rappresentato nella storia del nostro calcio. Basti pensare ai giocatori che ha allenato (uno su tutti: Rivera), ma forse è ancora più significativo osservare forza e importanza dei suoi avversari. A iniziare da Eusebio (Benfica), in quella storica finale del 22 maggio 1963, data della prima Coppa dei Campioni vinta da una squadra italiana - non poteva non essere il Milan, senza ombra di dubbio il club del nostro Paese con il maggiore pedigree nelle Coppe continentali. Ma non si può trascurare il dualismo con Herrera, a sua volta capace di scrivere la storia dell’Inter, sull’altra panchina. E se poi andiamo alla seconda Coppa dei Campioni conquistata con il Milan, ecco che dall’altra parte troviamo Johann Cruijff, che prima di scrivere e riscrivere gli albi d’oro e lo stile di gioco con Ajax e Barcellona, fu costretto a inchinarsi al Milan e a Rocco: finì 4-1, quella leggendaria finale del 28 maggio 1969, a Madrid.

ANNIVERSARIO Ma oggi, 20 febbraio, sono 40 anni che siamo rimasti senza Nereo.

Una data dolorosa, che ci obbliga a ripensare quanto è stato, perché lo sport vive di appuntamenti quotidiani che non hanno senso, se non li sappiamo reinterpretare attraverso le suggestioni di chi ha giocato, allenato, vinto e perso nel passato. Sempre a febbraio, ma nel 2011, lo sport italiano aveva perso un altro campione assoluto, Cesare Rubini, l’unico atleta azzurro mai selezionato per le Olimpiadi in due diverse disciplina, nella stessa edizione. Londra 1948, pallacanestro e pallanuoto: scelse la piscina, vinse l’oro. Ma poi contribuì a creare l’epopea del basket italiano. Guarda caso, partendo da Trieste ed esaltandosi a Milano. Ci mancano, Rocco e Rubini. Oggi ricordiamo Nereo, immaginandolo a cena all’Assassino, il ristorante milanese covo di Rocco, mentre dice a Cesare qualche battuta in triestino. Magari parlavano di Barcola, del senso di libertà che ogni triestino “in esilio” prova quando torna di fronte al suo mare. Per poi rituffarsi sui campi di tutto il mondo, per imporre il buon senso sportivo che in quel lembo dell’estremo nordest italiano è così radicato. Grazie a Rocco, tutti l’hanno saputo.

Ultimo aggiornamento: 13:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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