L'Italia di nonni e culle vuote: il record negativo delle nascite

Venerdì 8 Febbraio 2019 di Francesco Malfetano e Flavio Pompetti
L'Italia di nonni e culle vuote: il record negativo delle nascite
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ROMA Gli italiani sono sempre meno, sempre più vecchi e fanno anche pochi figli. La fotografia demografica scattata dall'Istat nel 2018 sarebbe già abbastanza impietosa così, ma racconta anche di un Paese in cui oltre 120 mila cittadini hanno preferito andare via. I dati confermano le tendenze di decrescita degli ultimi anni e anche come, ancora una volta, ci sia una sola porzione d'Italia a potersi definire fortunata: quella degli over 65.

I GIOVANI
I 13,8 milioni di anziani italiani (vale a dire il 22,8% della popolazione totale) non solo vedono aumentare la loro l'aspettativa di vita (80,8 anni per gli uomini e 85,2 per le donne) ma soprattutto vedono calare in maniera significativa il numero delle morti (13 mila in meno). I giovani fino a 14 anni invece sono circa 8 milioni (13,2%), mentre gli individui di età attiva, come li definisce l'Istat, sono 38,6 milioni (64%). Al primo gennaio 2019 gli italiani residenti sono 60 milioni e 39 mila. Novecento mila in meno rispetto all'anno precedente (-1,5 per mille). Entro questa cifra però, se è vero che calano i cittadini italiani (circa 55 milioni), c'è da registrare un consistente aumento di quelli stranieri (ora poco più di 5 milioni) con un +17,4 per mille.

Quelle dell'Italia straniera sono cifre importanti, ulteriormente avvalorate dal fatto che, sebbene rappresentino l'8,7 della popolazione totale, gli immigrati in Italia hanno portato il 20,3% delle nascite (91 mila). Neanche il loro incisivo contributo però riesce a dare una svolta alla nostra natalità. Come detto infatti, a preoccupare più di ogni cosa analisti ed economisti è il continuo calo delle nascite. Sono appena 449mila quelle registrate nel 2018, cioè 9 mila in meno dell'anno precedente. Se poi il paragone viene fatto con dieci anni fa, una #tenyearschallenge abbastanza feroce racconta di ben 128 mila culle in meno.

Numeri significativi che si intrecciano anche con la tendenza a spostare la maternità in avanti: l'età media del parto per le mamme italiane ha infatti toccato per la prima volta la soglia dei 32 anni. Sebbene questo avanzamento, almeno per il 2018, non abbia fatto calare il numero medio di figli per donna (confermato l'1,32 del 2017), l'Istat continua a far notare come la fecondità misurata lungo le varie generazioni femminili continui a diminuire.

IL TRASFERIMENTO
Gli uomini più longevi invece vivono nella provincia di Trento. In linea più generale le regioni del Nord-est e del Centro sono quelle in cui le persone beneficiano di condizioni migliori e quindi vivono più a lungo. Fanalino di coda in questa particolare classifica è, in entrambi i casi, la Campania con 79,2 anni per gli uomini e 83,7 per le donne. Tornando ai flussi in ingresso e in uscita che hanno riguardato il nostro Paese, da un lato l'Istat segnala il nuovo record - riferito agli ultimi 6 anni - di arrivi in Italia di cittadini stranieri, ben 302 mila, dall'altro il massiccio rientro di cittadini italiani che risiedevano all'estero (circa 47 mila). In totale i nuovi arrivati sono 349 mila, in sensibile aumento rispetto al 2017 (+1,7%) e comunque molti più di quelli che sono andati via (160 mila persone) che pure stanno aumentando (+3,1%). Purtroppo tra questi la stragrande maggioranza - 120 mila appunto - sono italiani che hanno preferito trasferirsi all'estero.

IL FUTURO
Una media che assieme a quelle degli scorsi anni ha spinto l'Ocse a reinserire l'Italia al vertice dei paesi da cui partono più emigranti. Siamo all'ottavo posto dietro la cinquina di vertice che è composta da Cina, Siria, Romania, Polonia, India; e appena sotto il Messico e prima dell'Afghanistan. Un ritorno tra i paesi migranti certificato anche dal rapporto sull'Italia appena pubblicato dal Fondo Monetario Internazionale. «L'emigrazione dei cittadini italiani ha raggiunto il livello massimo degli ultimi cinquanta anni» scrivono gli esperti dell'Fmi che però, a voler fare un controllo, pare abbiano anche peccato di ottimismo. Sarebbe più giusto portare indietro il calendario fino ai flussi del dopoguerra per ritrovare la stessa disperazione dei migranti nel trovare un futuro in patria, e la stessa determinazione a lasciare il paese in cerca di miglior fortuna.
Ultimo aggiornamento: 09:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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