Khashoggi, Riad ora ammette: «Strangolato dopo una colluttazione». Ma la spiegazione non convince

Sabato 20 Ottobre 2018
Khashoggi, Riad ora ammette: «Strangolato dopo una colluttazione». Ma la spiegazione non convince
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A due settimane dalla scomparsa del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, l'Arabia Saudita ammette la sua morte avvenuta nel consolato di Riad di Istanbul in Turchia. Una rivelazione seguita dall'arresto di 18 persone e dal siluramento di 5 alti funzionari del regno, tra cui il numero due dell'intelligence. Ma la versione convince solo il presidente americano Donald Trump, che ha definito «credibile» la tesi secondo cui il giornalista - in esilio volontario in Virginia, negli Stati Uniti, ed editorialista del Washington Post - ha perso la vita strangolato durante una colluttazione finita male, mentre cercavano di convincerlo a ritornare in patria. Insomma, un incidente, nessuna premeditazione, nessun coinvolgimento del principe ereditario Mohammed bin Salman o di altri componenti della famiglia reale saudita.

La spiegazione è stata però accolta da un grande scetticismo ovunque. E dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan alla cancelliera tedesca Angela Merkel il mondo intero chiede maggiore chiarezza su quanto accaduto. Anche perchè la Turchia si dice pronta a rivelare presto i dettagli dell'atroce fine che sarebbe invece toccata in sorte a Khashoggi, assassinato e smembrato con una sega usata per le autopsie per poterne occultare il corpo. E la Cia - come rivela il Washington Post - avrebbe già visionato il terribile video che da giorni Istanbul dice di avere tra le mani e che inchioderebbe i sauditi alle loro responsabilità.

Il racconto delle autorità di Riad, che finora avevano ripetuto come Khashoggi avesse lasciato il consolato, parla ora di un commando di 15 agenti sauditi giunto a Istanbul per convincere il giornalista a rientrare in Arabia Saudita. Infatti i vertici dell'intelligence di Riad avrebbero emesso da tempo una direttiva tesa al ritorno dei dissidenti in esilio. L'operazione per recuperare Khashoggi sarebbe partita da un ordine del numero due degli 007, il generale Ahmed al-Assiri, divenuto il principale capro espiatorio della vicenda, visto che - secondo la versione saudita - avrebbe deciso il raid da solo e senza alcun ordine dall'alto. Tanto meno dal principe ereditario da giorni nel mirino.

Khashoggi, che era venuto al consolato di Istanbul per ritirare alcuni documenti per il suo matrimonio, avrebbe quindi cercato di scappare e ne sarebbe nata una rissa: «Ha tentato di fuggire - racconta al New York Times un alto funzionario saudita - e lo hanno fermato e preso a pugni. Lui ha iniziato a urlare, allora uno dei presenti lo ha preso per il collo strangolandolo fino alla morte». I sauditi negano che il medico legale presente nella sede diplomatica avesse con sè uno strumento utilizzato di solito nelle autopsie per segare le ossa dei cadaveri, quello strumento che secondo la versione turca sarebbe servito per fare a pezzi il corpo di Khashoggi. Quel medico - l'ipotesi - era lì per ripulire la scena se le cose, come in effetti accaduto, fossero finite male. Dunque cancellare le impronte digitali e ogni prova della presenza del commando.

E mentre la gran parte della comunità internazionale si dice molto più che dubbiosa sulla ricostruzione saudita, Trump continua nel suo atteggiamento ambiguo. Lui che ha fatto del regime del principe saudita Mohammed bin Salman il fulcro della strategia americana in Medio Oriente, con l' Arabia Saudita alleato fondamentale per combattere l'Isis, per contenere la sempre maggiore influenza nell'area dell'Iran e per tentare di strappare l'accordo di pace tra israeliani e palestinesi. Il presidente americano, di fronte a una morte che ha definito «inaccettabile», ha ventilato anche l'ipotesi di sanzioni contro Riad, ma spiegando come preferirebbe non toccare gli accordi sulla vendita di armi, pena - afferma - mettere a rischio aziende e posti di lavoro americani.

 

Ultimo aggiornamento: 22:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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