Morto dopo lo scambio delle provette: assolti tutti i medici

Sabato 6 Ottobre 2018 di Olivia Bonetti
L'ospedale di Pieve di Cadore
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Il paziente era morto per emorragia cerebrale, dopo lo scambio di provette, ma i medici sono stati accusati di aver sottostimato i problemi al cuore. Ieri, in Tribunale a Belluno, sono stati tutti assolti con formula piena. 
Non poteva concludersi diversamente il processo che vedeva alla sbarra Roberta Da Re, 54enne reumatologa residente a Cortina, Daniele De Vido, del servizio di Diabetologia 52enne residente in via Montanel a Venezia, Paolo Nai Fovino, 63enne endocrinologo residente a Domegge e Federica Vascellari, 62enne di Calalzo internista. Dovevano rispondere di omicidio colposo per la morte di Alberto Giacobbi deceduto a 76 anni il 9 maggio 2014, dopo giorni di ricovero all’ospedale di Pieve di Cadore. 
 
L’ERRORE “BIS”
«Il capo di imputazione è proprio sbagliato», ha sottolineato nella sua arringa l’avvocato Massimo Montino (studio Antonio Prade), che difendeva tre degli imputati. E l’errore era risultato sempre più evidente mano mano che si andava avanti nel processo: i testi in aula, parlavano di scambio di provette e di morte per emorragia cerebrale (dopo la terapia sbagliata fatta sulla base delle analisi del sangue dell’omonimo paziente “Giacobbi”, un 20enne). Ma dall’altra parte si imputava ai 4 medici di aver «omesso di individuare tempestivamente i segni tipici di ischemia miocardica». Sì perché per il consulente della Procura la causa di morte era il cuore. Tanto che di fronte a questa “schizofrenia” il giudice Antonella Coniglio dispose la super-perizia che cancellò ogni dubbio: Giacobbi morì per emorragia cerebrale.
L’ACCUSA
Il pm Sandra Rossi ieri ha concluso la sua requisitoria chiedendo la condanna a un anno di reclusione per ciascuno dei quattro medici. «È chiara la correlazione tra l’attività degli imputati e la morte di Giacobbi - ha detto - dalle analisi c’era l’enzima-sentinella che avvisa di danni al miocardio, ma non venne fatta nemmeno una visita cardiologica».
LA DIFESA
Entrambi gli avvocati che difendevano gli imputati, Montino e l’avvocato Simona Ianese per la dottoressa Da Re hanno chiesto l’assoluzione piena. Nel caso della Da Re inoltre c’era l’errore-ter dell’inchiesta: la firma del medico era stata scambiata per quella del collega Da Pra e era stata imputata per delle cure che non aveva mai effettuato. Alla fine la sentenza che ha scagionato tutti. «Si può ricominciare a vivere», hanno detto gli imputati, che in questo periodo hanno vissuto un incubo.
 
Ultimo aggiornamento: 10:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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