Gaiatto muto, ma i complici lo scaricano: solo un "ciao" alla moglie

Venerdì 14 Settembre 2018 di Susanna Salvador Giuliano Pavan
Fabio Gaiatto portato in tribunale
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Fabio Gaiatto scende dal cellulare della polizia penitenziaria velocemente, dà un'occhiata altrettanto veloce ai giornalisti che lo aspettano e quando si rende conto che stanno scattando foto più che indispettito, sembra rassegnato: «Ma sì, che facciano pure». Poi entra in tribunale dove ad attenderlo, al primo piano, ci sono il gip Rodolfo Piccin, il pm Monica Carraturo e uno dei suoi due avvocati, Luca Ponti. Nell'ufficio del giudice per le indagini preliminari Gaiatto rimane giusto il tempo per avvalersi della facoltà di non rispondere, come poco prima hanno fatto sua moglie Najima Romani (avvocato Maurizio Miculan) e Claudia Trevisan (avvocato Vincenzo Arcidiacono). L'unico a parlare è Giulio Benvenuti. Gaiatto esce dall'ufficio del gip con la faccia tesa, sconvolta. Nel frattempo è la moglie a entrare da Piccin e quando esce incrocia lo sguardo del marito, un saluto veloce, un «ciao» quasi sussurrato poi restano a distanza di qualche metro l'uno dall'altra a parlare con i loro difensori. Passa circa mezz'ora e infine Gaiatto torna in carcere, mentre Romani si allontana con il suo legale.

LA DIFESA DI GAIATTO L'avvocato Luca Ponti conferma che Fabio Gaiatto si è avvalso della facoltà di non rispondere. «La copia dell'ordinanza cautelare l'abbiamo chiesta e l'avremo a stretto giro. Ovviamente cercheremo di rispondere a tutte le accuse». 
Il legale non si sbilancia più di tanto, in attesa di conoscere nel dettaglio le decine di pagine che inchioderebbero alle sue responsabilità Gaiatto, il promotore finanziario di Portogruaro accusato dalla pm Monica Carraturo di associazione a delinquere, truffa aggravata, abusivismo finanziario e autoriciclaggio. Ma spiega che il quarantottenne portogruarese le promesse di saldare i debiti con gli investitori che gli hanno affidato i loro risparmi, l'eredità o il tfr le voleva mantenere. Come aveva garantito davanti ai pm quando il 27 aprile scorso si era presentato di sua spontanea volontà da loro. «Ma si tratta di somme destinate a società estere» e proprio per questo secondo l'avvocato Ponti, si tratta di denaro che non era nelle disposizioni dell'arrestato. «Ha cercato di vendere gli immobili in suo possesso, ha cercato finanziatori che li comprassero». Poi la vicenda dell'assistente alla quale Gaiatto avrebbe chiesto di bruciare tutti i fascicoli riguardanti gli investitori, prima di presentarsi davanti ai pm. «Non conosco quell'episodio, ma so che tutti i fascicoli sono a disposizione della Procura...». E per quanto riguarda i sedicenti Casalesi che Gaiatto avrebbe pagato per ottenere dei soldi, l'avvocato Ponti è chiaro: «Era un tentativo dettato alla disperazione di farsi restituire del denaro».

BENVENUTI PARLA «Non sono un truffatore, sono io il primo dei truffati». Un concetto semplice, espresso in poco meno di un'ora di interrogatorio davanti al gip Rodolfo Piccin da Giulio Benvenuti, uno dei 17 indagati. Il 32enne di Vicenza, sottoposto all'obbligo di dimora dopo essere stato raggiunto da un'ordinanza di custodia cautelare, ha raccontato al giudice (depositando una corposa memoria difensiva) il suo rapporto con Gaiatto. 
Inizialmente difeso dall'avvocato Aldo Pardo (che ha rinunciato al mandato perché rappresenta una sessantina di querelanti proprio nell'inchiesta contro la Venice Investment Ltd), ieri l'uomo ha raccontato di essere stato presentato a Gaiatto da una terza persona e di averlo incontrato poi più volte per capire in che modo si svolgessero le operazioni finanziarie. Benvenuti, carte alla mano, ha dimostrato di aver investito 50mila euro nella Venice (40mila euro suoi e 10mila di suo padre) e di essere stato, a suo dire, uno dei primi a rimanere truffato. Dopo aver sottoscritto un contratto di lavoro come consulente, è iniziata la sua avventura con la società. Nel corso dei mesi Benvenuti ha portato un totale di circa 140 investitori (di cui solo 20 conosciuti di persona) per un importo di circa 1,8 milioni di euro di investimenti. 
Le sue provvigioni sono state nell'ordine di 400mila euro, di cui circa 250mila versate ai cosiddetti segnalatori, ovvero persone che portavano nuovi clienti tramite il passaparola. Dei 160mila euro rimasti dalle provvigioni (tolti i 60mila investiti da lui e suo padre), a Benvenuti sarebbero dunque rimasti circa 100mila euro che l'uomo, di fronte al giudice, avrebbe detto di essere disponibile a restituire ai suoi clienti. Stando alle parole dell'avvocato Pardo, quando ancora assisteva il 32enne, sarebbe stato lo stesso Benvenuti nel settembre 2017 a scrivere via mail ai suoi clienti di non investire più in Venice Investment Ltd, esortandoli a presentare denuncia. In due occasioni, a spese sue, li avrebbe poi riuniti in un albergo del vicentino proprio per offrire loro una consulenza dell'avvocato Pardo al fine di portare avanti un'azione legale nei confronti di Fabio Gaiatto.

ROMANI SPAESATA Najima Romani è agli arresti domiciliari e come suo marito Gaiatto dovrà rispondere di pesanti ipotesi d'accusa. Jeans, ballerine, t-shirt bianca e borsa Vuitton, indossa un grande paio di occhiali che le coprono in parte il viso. Quando esce dal tribunale sta attaccata al suo avvocato, quasi spaesata. Anche lei si è avvalsa della facoltà di non rispondere o, come precisa l'avvocato Maurizio Miculan, «ha respinto ogni addebito. Domani stesso farò istanza di Riesame». Oggi davanti al gip compariranno per l'interrogatorio di garanzia Massimiliano Vignaduzzo, Marco Zussino, Luca Gasparotto, Ubaldo Sincovich, Massimiliano Franzin.

    

Ultimo aggiornamento: 09:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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