Aperture domenicali, serve buon senso non sociologismi di seconda mano

Martedì 11 Settembre 2018
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Egregio direttore,
il ministro Di Maio afferma che: «La liberizzazione delle aperture festive sta distruggendo le famiglie italiane». E su questa interessante idea si deve dire che ha ragione: dovremmo, per coerenza, eliminare il lavoro festivo anche per i sacrestani, poliziotti, carabinieri, VvFf, vigili urbani, camerieri di ristorante, tutto il personale del mondo dei trasporti, dell'esercito, degli ospedali e di tante altre categorie di lavoratori domenicali (pari ad oltre 4,7 milioni di occupati), che insieme costituiscono la civiltà ed il benessere di un popolo
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Adriano Chiavegato

Caro lettore,
le preoccupazioni di Di Maio sono nobili, ma ho qualche dubbio sul fatto che siano le aperture domenicali a distruggere le famiglie italiane. Credo che i motivi siano ben altri. Tanto piu' che, come ricorda anche lei, ci sono milioni di italiani che da sempre lavorano alla domenica e nelle feste comandate. A quanto risulta la stragrande maggioranza di loro si è costruita una famiglia e, con impegno e sacrificio, ha fatto crescere dei figli senza traumi o difficoltà insormontabili. Non diversamente da altre categorie di lavoratori. L'Italia è uno dei Paesi europei dove il lavoro domenicale ha minore incidenza (solo Francia e Austria stanno dietro di noi) e, data la vocazione turistica di tantissime aree del nostro Paese, viene davvero difficile immaginare le serrande abbassate per decreto durante le festività. Temo che anche in questo caso gli slogan e le scorciatoie ideologiche abbiano avuto il sopravvento. Occorre invece far appello al buon senso e al pragmatismo. Fissare limiti alle liberalizzazioni, ridiscutere il numero massimo di giorni festivi di apertura nel corso dell'anno trovando un punto di equilibrio tra i diversi soggetti interessati (lavoratori, consumatori, grandi imprese, piccoli esercenti) è necessario e giusto per ragioni non solo economiche. Ma, per favore, evitiamo i sociologismi di seconda mano 
    
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