Colpo del secolo a Palazzo Ducale,
la "talpa" è una donna veneziana

Giovedì 6 Settembre 2018 di Davide Tamiello
VENEZIA Palazzo Ducale, sede della mostra derubata
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VENEZIA - L’identikit è tracciato: veneziano (d’origine o d’adozione) con un’ottima conoscenza della città. Probabilmente una donna. Questo il profilo del basista del colpo a palazzo Ducale su cui si sono concentrate le indagini della polizia negli ultimi nove mesi. Il principio di base è che in laguna le procedure standard, anche per i criminali, non valgono. Non ci sono auto dietro l’angolo pronte a scattare: turisti e residenti, ladri e poliziotti, da San Marco possono muoversi solo a piedi. E anche in questo caso è necessario sapere come, per evitare le (tante) telecamere e imboccare i percorsi più sicuri, al riparo da occhi indiscreti, o quelli più frequentati per mescolarsi con la folla. Un buon basista, referente logistico e appoggio cruciale per un colpo epocale come quello del 3 gennaio, questo bagaglio di informazioni lo deve avere. 

I PRECEDENTI
È stato sempre così, in fin dei conti, per i grandi colpi in laguna. Si pensi, per esempio, alla rapina da “Tokatzian” del 1. febbraio del 2005. Lì, il basista fu tal Enrico Milan, di Maerne. Di provincia, ma pur sempre veneziano. O al furto milionario del 2007 nella casa museo del pittore Emilio Vedova: anche in quel caso, il colpo era stato associato alla malavita veneziana. Parlando di casi irrisolti, resta un mistero la rapina sul canale della Scomenzera, quando nel luglio del 2013 venne assalito un carico della Civis sottraendo un bottino da un milione di euro, ma sul fatto che i banditi avessero coinvolto almeno un basista locale per organizzare la fuga in barchino gli inquirenti non hanno mai avuto il minimo dubbio. Da qui si risale fino all’unico precedente di un furto andato a segno a palazzo Ducale, nel 1991, opera del principe dei ladri veneziani, Vincenzo Pipino, fuggito con il quadro “La Madonna col bambino” attraverso il percorso (a ritroso) utilizzato da Giacomo Casanova per uscire dalla sua cella 260 anni fa. In quel caso, tutte le figure erano concentrate in un unico ruolo, autore materiale e basista. 
TRA IL PERSONALE
Tornando al colpo del secolo, la talpa-basista, per riuscire ad aprire la teca prima dell’accensione delle telecamere del sistema di videosorveglianza, doveva far parte dello staff. Questa è e rimane l’ipotesi principale degli investigatori della squadra mobile. Non è da escludere che l’uomo (o la donna, appunto) sia stato già individuato, anche se, ovviamente, a questo punto dell’inchiesta lo sviluppo delle indagini rimane top secret. Certo è che se qualcuno ha davvero, come sembra, lasciato socchiusa la teca dei gioielli, difficilmente potrà passarla liscia. Fin dal primo giorno, i detective della questura hanno passato al setaccio i profili di ogni persona impiegata a palazzo Ducale il 3 gennaio e nelle giornate precedenti: guardie giurate, reception, guardia sala. 
GLI SVILUPPI
Lo scopo è evidente: chi trova il basista, trova anche il resto della banda. Per conoscere gli sviluppi delle indagini si dovrà attendere ancora un po’, come ha fatto intendere pochi giorni fa il capo della polizia Franco Gabrielli proprio durante la sua visita a palazzo Ducale per l’inaugurazione della mostra “Frammenti di storia”. «Ci saranno sorprese», ha annunciato sibillino. I veneziani (ma non solo) rimangono in attesa.
 

Ultimo aggiornamento: 21:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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