Azienda compra una pagina contro l'intolleranza: «Basta»

Martedì 31 Luglio 2018 di Elena Filini
Azienda compra una pagina contro l'intolleranza: «Basta»
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SUSEGANA (TREVISO) - Quando le prime agenzie della giornata hanno battuto la notizia dell'aggressione a Daisy Osakoue, la primatista italo-africana di Moncalieri ferita nella notte e la cui partecipazione ai mondiali under 23 di Berlino è oggi appesa ad un filo, si è detto che il vaso era davvero colmo. È entrato in azienda, ha selezionato un'immagine e ha chiamato i giornali. La pagina a pagamento acquistata da Paolo Polegato, amministratore delegato di Astoria Wines di Susegana, azienda viticola del Trevigiano, contiene poche parole. E una splendida ragazza dalla pelle color ebano che, al posto del rossetto, ha una bandiera italiana. 

 
IL PRINCIPIO
Non è l'atleta ferita con un uovo lanciato da un'auto in corsa, perché la volontà non è quella di difendere un nome, ma un principio. «Intolleranti verso l'intolleranza», si legge sotto la fotografia. «Ora basta! La violenza nei fatti e nelle parole non rappresenta né l'Italia né gli italiani». Poi una frase di Martin Luther King e il richiamo al rispetto della persona, senza distinzione di colore, genere e religione. «L'indifferenza è una forma pericolosissima di fiancheggiamento», spiega semplicemente. Polegato non è nuovo a campagne choc contro il razzismo. Già sponsor del Pride trevigiano nel 2016, poi finanziatore di Ritmi e danze dal mondo, il festival interculturale di Giavera del Montello, è padre adottivo di due ragazzi afro-cubani, arrivati in Italia quando non avevano neppure due mesi. «Ma non vorrei si pensasse l'ho fatto per i miei figli. Se è per questo, infatti, ho pure difeso i veneti quando Toscani ci etichettava come ubriaconi». Altra pagina a pagamento un anno fa, che gli valse le lusinghe degli Indipendentisti e la proposta di una candidatura. «Per carità si stringe nelle spalle non ho mai inteso strumentalizzare le mie idee, men che meno fare politica, ma non possiamo più tacere. Qui si stanno sviluppando delle forme di razzismo latente che mettono paura». 

LA DERIVAPolegato intuisce la deriva in tanti piccoli gesti quotidiani. «Vedo la diffidenza, l'alzata di ciglio, vedo il pregiudizio.

Il ferimento dell'atleta è l'ultimo atto di un'escalation che non si può sempre giustificare tirando in ballo la stupidità della gente. Questi non sono ebeti, sono dei delinquenti». I figli non gli hanno mai chiesto di schierarsi, anzi, preferirebbero decisamente il basso profilo. Ma anche loro, nell'ultimo anno, hanno subìto due aggressioni a sfondo razzista. «Ma non è questo il motivo per cui mi sono mosso oggi. Vedo un grosso problema nell'ostilità dilagante allo straniero. E mi pare che la politica stia sottovalutando i segnali». L'industriale trevigiano si dice anche indignato dalla colata di immondizia verbale, soprattutto sui social, contro i calciatori della Nazionale francese ai Mondiali. «Ne abbiamo lette davvero di tutti i colori. Ma io vi assicuro che dei miei tre figli, i due adottivi sono italiani tanto quanto la loro sorella. Non è la pelle a dire la tua italianità, ma l'aver assorbito un sistema linguistico, comportamentale, spirituale. Mi sembra incredibile che nel 2018 si debbano ancora ribadire concetti che sembrano elementari». Da qui la voglia di invertire la tendenza del silenzio, della giustificazione, del voltarsi di lato. «Lo ammetto: ieri mi è andato il sangue alla testa. Non ci ho visto più». Gesto eclatante? Forse la spontanea indignazione di una persona perbene.

Ultimo aggiornamento: 14 Aprile, 12:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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