Il Leone e gli sciacalli: in Fvg esplode Forza Italia

Martedì 19 Giugno 2018 di Maurizio Bait
Il Leone e gli sciacalli: in Fvg esplode Forza Italia
Il Leone di Gorizia si è arreso alla Signora in nero in un letto di ospedale a Udine, ma i suoi ruggiti sulla piana delle greggi politiche scuotono come un vento tellurico la stordita piazza regionale. La stessa successione del Leone, Ettore Romoli, politico di lungo corso e co-fondatore di Forza Italia, alla presidenza del Consiglio del Friuli Venezia Giulia è ora terreno di scontro nel Centrodestra. Da una parte non è scontato che la poltrona rimanga appannaggio di Forza Italia. Dall'altra il partito di Silvio Berlusconi respira con affanno l'aria viziata di una profonda crisi resa manifesta dagli attacchi rivolti a Romoli dalla coordinatrice regionale Sandra Savino nei giorni estremi dell'agonia per via di una nomina «fuori dalle linee».

LA LACERAZIONE
Ciò che è avvenuto fra la fine della vita di Romoli e la successiva fase del cordoglio, straordinariamente unanime e  diffuso fra i cittadini, riveste i caratteri della dolente novità: il figlio Andrea, giornalista della Rai, dalla Chiesa di Sant'Ignazio in Gorizia ha lanciato un anatema contro gli «sciacalli» rei di aver atteso il momento propizio per azzannare il Leone, che proprio per tali ragioni aveva anteposto la battaglia politica alle urgenze cliniche. Così la pensa il figlio, che con il resto della famiglia ha imposto il divieto d'ingresso alla camera ardente e alle esequie non soltanto alla Savino, ma anche al senatore pordenonese Franco Dal Mas, al leader storico forzista di Trieste Giulio Camber, al fratello (e consigliere regionale) Piero e perfino al vicepresidente della Regione, il friulano Riccardo Riccardi.

BERLUSCONI
Ad Andrea Romoli il compito di spiegare l'accaduto a un affranto Berlusconi via telefono. Un Berlusconi che starebbe per sostituire Sandra Savino al timone azzurro regionale, magari con quel sindaco di Cividale Stefano Balloch al quale proprio Savino aveva negato una buona candidatura al Parlamento per il voto del 4 marzo. Il sindaco di Gorizia Rodolfo Ziberna, ad ogni effetto erede politico di Ettore Romoli, non fatica a ricordare le parecchie ragioni di divergenza rispetto alla linea fin qui tenuta da Savino: dalle perplessità sulla candidatura della leghista Anna Cisint a sindaca di Monfalcone (eletta) a quelle per la corsa di Alessandro Ciriani al municipio di Pordenone (eletto), per non parlare della marcia trionfale di Roberto Dipiazza per il terzo mandato da sindaco di Trieste. Quanto a Riccardi, tuttavia, il giudizio non è impietoso: «Occorre dargli atto di essere una spanna sopra tutti gli altri per esperienza e competenza», taglia corto Ziberna.

Ma perché Riccardi è finito in mezzo a questa faida? La battaglia per la candidatura a presidente della Regione, poi perduta in favore del leghista Massimiliano Fedriga, ha visto i due coesi fino all'ultimo, anche nelle febbrili giornate dei negoziati a Palazzo Grazioli, il quartier generale berlusconiano a Roma. Ma poi nel caso Romoli si è inserito il dettaglio che l'attacco di Savino e il suo duro no alla scelta del Leone di avvalersi ancora per qualche mese del capo di gabinetto Giorgio Baiutti, mite e inossidabile uomo centrista del Pd (ora è sindaco della friulana Tricesimo), avrebbe celato l'intento di piazzare al suo posto la segretaria di Riccardi: eventualità ufficiosa che però al Leone dev'essere sembrata una densa fumata negli occhi.

LA SUCCESSIONE
Ma se al vertice locale di Forza Italia deve provvedere Berlusconi, è invece il Consiglio regionale a doversi dare un altro presidente. «Diamo per scontato che in base ai patti spetti a Forza Italia - mette le mani avanti Ziberna - e io dico che dovrà essere Giuseppe Nicoli»: diventerà consigliere proprio al posto di Romoli, ha alle spalle 17 anni da consigliere comunale di Monfalcone, 5 da consigliere provinciale a Gorizia e da ultimo vicesindaco della città dei cantieri.

Ma esiste un'alternativa, sempre forzista, nella persona dell'attuale capogruppo Pietro Mauro Zanin, già sindaco di Talmassons e leader dei sindaci ribellatisi all'introduzione delle 18 Unioni territoriali intercomunali al posto delle 4 Province. Zanin non manifesta alcuna autocandidatura. Tuttavia si dice sicuro che «all'interno del nostro Gruppo troveremo la quadra sia per il ruolo di presidente che di capogruppo», beninteso con riguardo alle caratteristiche che tali cariche devono presentare: «Esperienza, consenso, territorialità e autonomia». Versione in prosa: Zanin potrebbe essere una scelta meno territoriale (Talmassons sta saldamente nell'area udinese) ma più rappresentativa, una opzione che nel suo pensiero sarebbe capace probabilmente di ricondurre alla serenità un cielo ancora troppo carico di nubi dopo quanto è avvenuto attorno a Romoli.

BRACCIO DI FERRO
Ora però si fa largo la Lega, che potrebbe annettersi la carica della presidenza. Però «mi rifiuto di credere che Fedriga stracci i patti - attacca Zanin - tuttavia se mai dovesse accadere, allora Forza Italia non avrà problemi a prenderne atto. E passare all'opposizione». Parole in libertà per incutere timore all'alleato? Può darsi, ma il Friuli Venezia Giulia ultimamente ha visti tanti di colpi di scena, così da rendere possibile qualsiasi sbocco. Fosse anche il più clamoroso, compresa la terza via di una scelta fuori dalle parti. Qualcuno pensa a Giuseppe Sibau, unico consigliere regionale superstite della lista civica Autonomia responsabile di Renzo Tondo. Ma salgono le quotazioni di Mauro Di Bert, capogruppo della civica di Centrodestra Progetto Fvg che fa capo al neo-assessore alle Attività produttive Sergio Bini. La decisione finale dovrà attendere, probabilmente, la seconda metà di luglio, alla sessione di assestamento di bilancio.
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