Al Vinitaly tutti i gusti del mondo: le sfide e le scommesse del 2018 /La mappa della fiera

Lunedì 9 Aprile 2018 di Massimo Rossignati
Al Vinitaly tutti i gusti del mondo: le sfide e le scommesse del 2018 /La mappa della fiera
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Nel weekend la 52 edizione della rassegna espositiva enologica L'Italia cresce ma sempre nei mercati di riferimento, mentre la concorrenza francese fa sistema e si espande in Asia

L'EVENTO
Essere sempre più una rassegna per professionisti del settore, spostando il mondo degli amanti del vino sul FuoriFiera. Tutto questo per cercare di rispondere alla sfida dei mercati internazionali, che vedono l'Italia sì crescere (+6,2%), ma sempre concentrata nei suoi tre storici mercati: Usa, Inghilterra e Germania. Mentre la Francia vola (+9,9%) imponendosi in Asia. Restano queste le due grandi scommesse di Vinitaly 2018 che si terrà a VeronaFiere dal 15 al 18 aprile, puntando prima di tutto sul suo ruolo di alfiere nel mondo del vino. «Vinitaly si è sempre dichiarato uno strumento di servizio per le istituzioni e il sistema delle imprese, in chiave business e di relazioni internazionali ha esordito Maurizio Danese, presidente di Veronafiere presentando martedì 27 marzo a Roma al Ministero dell'Agricoltura l'edizione numero 52 . Il coinvolgimento della rassegna nel piano di promozione straordinaria del made in Italy è stato un passaggio importante».

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I numeri dicono che Vinitaly cresce anche quest'anno: aumento del 25% degli espositori esteri; sold out degli spazi in quartiere già a dicembre 2017; delegazioni commerciali selezionate da 58 Paesi; una media di operatori professionali provenienti ogni anno da 140 nazioni. A cui si aggiunge una crescita costante dell'offerta green con le aree ViVIT, VinitalyBio e Fivi; ed una innovativa directory online con 4.319 espositori da 33 Paesi e 13.000 vini iscritti. Ma vi sono anche altri numeri da tenere in considerazione, e sono quelli del confronto con l'altra rassegna di settore che si sta affermando nel mondo: il Prowein di Dusseldorf in Germania, appena tenuto a fine marzo, ha registrato 7000 espositori contro i 4 mila di Vinitaly. Con quest'ultimo che fa 150 mila visitatori e Prowein 50 mila.
E poi, quelli sull'export del vino. «I dati definitivi sul nostro export di vino nel 2017 ci restituiscono un'Italia superpotenza enologica, ma il nuovo record commerciale (+6,2%, 5,9 miliardi di euro) non rende giustizia alla grande qualità delle nostre produzioni. Cresciamo più nella qualità in vigna e in cantina che nel valore sui mercati. Per questo al prossimo Vinitaly ci concentreremo su uno studio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor sui trend a 5 anni dei top buyer mondiali di vino. Il nostro export ha concluso Mantovani rimane pericolosamente ancorato su tre Paesi di sbocco: Stati Uniti, Germania e Regno Unito dove si registra un indice di concentrazione delle nostre vendite del 53,4%, molto più di Francia e Spagna che si fermano rispettivamente al 38,5% e 35,2%», ha detto il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani.
 
Secondo le elaborazioni di Vinitaly-Nomisma, l'anno scorso si è registrato un nuovo record nell'export mondiale di vino: oltre 31 miliardi di euro. Nella classifica per performance, vince l'Australia (+15,1% per un controvalore di 1,8 miliardi), seguita dalla Francia (+9,9%, 9,1 miliardi), dalla Spagna (+6,5%, 2,8 miliardi), dal Cile (+6,3%, 1,8 miliardi) e dall'Italia (+6,2%, 5,9 miliardi).

L'Italia tiene bene con gli sparkling (+13,6%, 1,4 miliardi), mentre cresce meno sui fermi imbottigliati (+4,4%, 4,2 miliardi). E nella geografia delle esportazioni, la Francia accelera ancora in Asia, che rappresenta ormai il 27% delle vendite globali transalpine (a 2,45 miliardi), mentre per l'Italia la stessa area vale il 7% dell'export, a 419 milioni.

I PRODUTTORI
«Cresciamo ancora, ma grazie al Prosecco e questo si ripete da qualche anno. E, altro problema, non si riesce a farlo sfondare suI nuovi mercati emergenti, come la Cina. I francesi sono uniti, fanno massa e hanno enti unici e precisi a sostenerli. Noi andiamo sempre divisi, e con forze parcellizzate tra Ice, Consorzi, Camere di commercio, Regioni. Quindi sì, l'Italia del vino funziona, ma con qualche puntino di domanda», sentenzia Emilio Pedron, alla guida dell'azienda agricola Bertani che ha sede a Grezzana di Verona.

«È vero, la crescita è legata al Prosecco, ma questo è stato e resta un grandissimo successo e l'affermazione di un sistema produttivo italiano, anzi veneto, nel mondo - sottolinea Bruno Trentini, direttore di Cantina di Soave, oggi la più grande realtà cooperativa del vino in Italia -. Ecco, la scommessa ora è ripetere il successo del Prosecco magari con la nuova Doc delle Venezie, la denominazione del Pinot Grigio italiano. Poi, è un dato di fatto che sui Paesi emergenti come Italia soffriamo e siamo deboli. Il problema, rispetto ai francesi, è che non abbiamo un sistema Italia che aiuti le aziende ad arrivare, farsi conoscere, imporsi». «Secondo me si tratta di un risultato positivo considerando l'importante massa critica in questione. Poi, ritengo che la Francia detenga comunque lo scettro di Paese simbolo del vino, non fosse altro che per la sua storia enologica, nell'immaginario comune mondiale - dichiara Michele Tessari, patron di Ca' Rugate di Montecchia di Crosara -. Il dato va comunque esaminato per capire meglio le strategie future da adottare. È quanto fatto da molti Paesi del nuovo mondo, come l'Australia, che, intercettando cambiamenti dei consumi, stanno conquistando quote di mercato».
Ultimo aggiornamento: 25 Giugno, 15:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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