In difesa del festival di Sanremo: realizzare un grande spettacolo popolare non è un peccato

Venerdì 9 Febbraio 2018
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Caro direttore, 
Sanremo 2018 costerà, per i compensi dei conduttori, il doppio dell' anno scorso ovvero un milione e trecentomila euro. A questa cifra complessiva si dovranno aggiungere i compensi per gli ospiti. Malgrado la spesa la Rai si dice soddisfatta in quanto gli introiti pubblicitari sono arrivati a 25 milioni di euro su una spesa stimata di sedici milioni e mezzo. Tutto questo per una manifestazione canora lontana anni luce dall' ideale di gara di ugole vagheggiato dal grande Fabrizio De Andrè, dove si tende a dare più importanza al testo e all' orecchiabilità della canzone che non alla sua effettiva resa esecutiva, visti i limiti musicali e vocali di molti partecipanti peraltro molto ben pagati. Ci lamentiamo perché si spendono un sacco di soldi per questo genere di eventi e dopo non ne avanzano magari per altri sicuramente più costruttivi dal punto di vista artistico, però alla fine gli ascolti del Festival continuano a rimanere sempre alti. Vuol dire allora che la stragrande maggioranza degli italiani si merita Sanremo perché non ha nessuna intenzione di elevare e raffinare il proprio gusto musicale, processo che richiederebbe anni di studio per formarsi le giuste competenze che servirebbero poi a contrastare quanto viene imposto arbitrariamente dalla macchina commerciale volta a creare personaggi e miti attorno ai quali continua a muoversi la solita cerchia di persone e lupi famelici che possono così proseguire nel loro processo di crescita a dismisura dei loro già lauti guadagni.


Nadia Berengo
Mestre (Ve)


Cara lettrice,
non prendiamocela troppo con Sanremo. È una manifestazione molto seguita: funziona, piace. È vero: costa molto ma attrae anche investimenti pubblicitari importanti. È uno spettacolo popolare pensato per catturare l'ascolto e l'attenzione di milioni di persone con gusti e culture diverse. Come tale, può non piacere a qualcuno: è normale. Ma realizzare e proporre produzioni televisive popolari non è un sacrilegio. A Sanremo si concretizza una complessa alchimia di musica- intrattenimento-tv che non ha paragoni, almeno in Italia. Il festival non ha e non può avere l'ambizione di elevare e raffinare il gusto musicale degli italiani. Vuole far incuriosire e divertire. Numeri alla mano, ci riesce. Non è una colpa né un peccato. E in fondo dura solo sei giorni.
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