Scambio di provette in ospedale: nessuna caccia alle streghe, solo diritto (e dovere) di cronaca

Martedì 14 Novembre 2017
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Egregio direttore, 
alcuni medici dell'ospedale del Cadore hanno in corso un processo per omicidio colposo, ma la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva del tribunale sembra non far parte del linguaggio del suo giornale. Non si sa ancora se il tragico evento (l'emorragia cerebrale fatale) sia stato conseguenza di errore del medico, ma agli occhi del lettore pesano come macigni parole e frasi come: calvario, malasanità, presagio che sarebbe andata a finire male, tragica odissea ospedaliera, parcheggiato sotto terapia sedativa ecc. ecc. Il tono di tutto il pezzo porta a dare per scontato la colpevolezza dei 4 medici, prima ancora della decisione dei giudici. Il testo dell'articolo è poi basato su errori logici e scientifici che da soli smentirebbero l'assunto di causalità che pervade la notizia: una terapia anticoagulante troppo leggera non può complicarsi in emorragia, ma è vero il contrario! Ma questa sciocchezza sembra non importare al giornalista, che più volte la ripete per confermare l'accusa infamante, senza controllarne l'assurdità. Incomprensibile il fatto che l'errore relativo allo scambio di provette da parte dell'infermiera sia stato confermato, ma venga considerato di nessun peso, se davvero si considera che l'evento tragico sia stato conseguenza di una terapia errata basata sui risultati di tale errore, come traspare dallo scritto del giornale. Sconvolgente la decisione di pubblicare nomi, cognomi e pure l'origine geografica dei quattro medici, così la folla - che sul web ha già giudicato senza appello come cialtroni e criminali- potrà da subito rovinare anche definitivamente la loro vita privata e professionale senza errori di identificazione. Sappiamo bene che anche se fossero assolti, comunque il fango non se lo toglieranno mai di dosso. Questo trattamento particolare sembra invece spesso - e forse giustamente - risparmiato agli autori dolosi di altri tipi di efferatezze o gravi violenze. Tra i valori del vero giornalista non scandalista ci sarebbe anche la verifica della correttezza del messaggio legato all'informazione, senza volontà di influenzare il giudizio del lettore. Manifesto sincera delusione che il Gazzettino si presti a fomentare un clima di caccia alle streghe contro i medici. 


Andrea Zancanaro 
medico e segretario ANAAO-ASSOMED


Caro lettore, 
noi non abbiamo emesso alcuna sentenza né rivelato notizie coperte da segreto istruttorio, ma raccontato quello che è accaduto in un processo, cioè in un pubblico dibattimento. La presunzione di innocenza non può essere invocata per negare il diritto di cronaca: in un ospedale c'è stato uno scambio di provette ed è morta una persona. Non c'è nessuna caccia alle streghe ma un'inchiesta giudiziaria di cui noi abbiamo dato conto e che ha portato al rinvio a giudizio di 4 medici. Cosa dovevamo fare? Aspettare la sentenza prima di scriverne? Indicare i nomi degli imputati solo e quando, magari fra qualche anno, la Cassazione si pronuncerà in via definitiva? Le chiedo: lei avrebbe considerato giornalisticamente etico e corretto se noi avessimo scritto dello scandalo Mose o di un processo per omicidio senza citare i nomi degli imputati e senza dar conto delle ragioni dell'accusa? Mi perdoni: ma non si può scoprire il garantismo solo quando ad essere coinvolti sono amici, parenti o colleghi. Noi non sappiamo se quei medici siano o meno colpevoli, né è nostro compito valutare le argomentazioni di accusa e difesa. Saranno i giudici a farlo. Noi ci limitiamo a raccontare i fatti per quel che sappiamo e per quel che emerge dal processo.
Quanto poi all'uso di alcuni termini che lei contesta, credo che dobbiamo solo intenderci. Se per lei lo scambio di provette per omonimia non è un esempio di malasanità e se per lei le vicissitudini della vittima, così come sono state raccontate dalla figlia, non possono essere definite un calvario, c'è una sola spiegazione: parliamo una lingua diversa. 
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