Entrare nella storia della murrina, quel vetro policromo che parla il linguaggio dei colori in una sorta di mosaico imprevedibile, è come cominciare un poliziesco nel quale ogni piccolo dettaglio sembra portare alla soluzione per poi farti tornare sui tuoi passi per cercare altre vie , altre spiegazioni. Dove nasce, come nasce la murrina? Tra storia e leggende , anzi insieme entrambe perché ormai difficilmente dipanabili l’una dall’altra, dobbiamo forzatamente ricorrere ai cenni che Plinio ci ha lasciato raccontando come le “murrine” , un vetro-mosaico policromo - apparso per la prima volta nelle lavorazioni che i Fenici praticavano vicino alla costa sfruttando il materiale sabbioso necessario - giunte a Roma nel 61 a.C. con i tesori di Mitridate portati a da Pompeo, fossero consacrate a Giove Capitolino. Ma è tutto vago, tutto può essere e tutto no: intorno alle murrine regna obbligo di leggenda. Di certo si sa solo che nell’antica Roma il vetro murrina (la muhrra, considerata preziosa come una gemma ) veniva usato come elemento decorativo per dare lusso alle mense: di murrina erano i recipienti riservati alle bevande calde, di quarzo quelli considerati più idonei per le bevande fresche.
Tra storia e leggenda la murrina (originariamente murrha) è entrata oggi nella moda con la prepotenza della tradizione per affascinare soprattutto chi avverte toccando questo vetro policromo la presenza di tanta storia affidata ai suoi colori. “Malìparmi” , griffe di modo oltre che di moda, fin dall’inizio della sua fondazione, a Padova, ha cavalcato il karma dell’India dei racconti misteriosi , del lusso come ricerca di perfezione, traducendo i costumi esotici più singolari in forme di abbigliamento più che attuali e di immenso fascino. In occasione della celebrazione dei suoi cinquant’anni di storia dedica alla murrina un’attenzione particolare con una capsule di abiti e accessori caratterizzati da stampe o applicazioni di murrine. Nel quattrocentesco chiostro di Cappuccio, a Milano, durante la Fashion Week per la primavera-estate 2018, “Malìparmi” ha presentato la collezione “Murrha”: messaggi in vetro presenti sui nuovi infradito-gioiello, su suntuose pantoufles da sera, abiti , stole, sciarpe: un inno alla murrina che al suo nascere era stato anticipato nell’isola di Murano, presso la fornace di Davide Salvadore .
Annalisa Paresi, oggi alla guida della griffe , ha conservato il rispetto per motivi e soluzioni suggeriti da tradizioni etniche di particolare suggestione. Nata quasi per caso, 50 ani fa ,dall’emozione che la madre di Annalisa, Marol, riportò da un viaggio in India che le segnò positivamente la vita, “ Malìparmi” elegge icona per questo anniversario la borsa “Murrha”, chiusa da tre grandi murrine e con una tracolla policroma che esprime da sola il messaggio interetnico di questa griffe riconoscibile tra tutte.
Che le murrine siano un omaggio alla bellezza, alla quale il vetro regala esempi infiniti , spiega il fascino che hanno esercitato da sempre, fin da quando Venezia , a partire dal XIII secolo, acquisì un primato mondiale nella produzione di vetro e quindi anche di murrina. Trasferita a Murano – com’era nelle volontà della Repubblica di Venezia (che voleva le industrie, in particolare quelle che potevano produrre scarti inquinanti , ubicate nelle isole, ovvero lontano da Venezia che doveva non offrire aree a produzioni commerciali), l’arte vetraria divenne una delle glorie dell’artigianato artistico della Serenissima. E la murrina? Dopo momenti alterni di gloria alternati a secoli di pausa produttiva, la creazione di murrine riprende nell’Ottocento con la riscoperta del loro segreto ad opera di Vincenzo Moretti sollecitato dalla richiesta pressante di tanti antiquari per la riparazione di antichi vasi “murrini”. Da allora i maestri vetrai si sono tuffati in questo settore ritrovato eseguendo produzioni suggerite dalla moda del tempo che voleva ritratti i personaggi dell’epoca: Papa Leone XIII°, Vittorio Emanuele II°, Francesco Giuseppe, Garibaldi, via via fino al 1926 quando la cancellazione del Comune di Murano, annesso di prepotenza a quello di Venezia, così come accadde per Mestre e dintorni , rappresentò per i Muranesi una perdita di identità, sfociata nella produzione infinita di murrine raffiguranti in pose diverse il galletto, fino a quel momento simbolo del Comune di Murano . Una stilista veneziana del vetro, Giusy Moretti, discendente indiretta dei Moretti di Murano, da alcuni ritagli rari di antica murrina ha realizzato gioielli di bellezza rara e di realismo storico presenti anche al Metropolitan di New York e in vari musei del mondo.
Ultimo aggiornamento: 00:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA
MODI E MODA di
Luciana Boccardi