Bimbi disabili senza insegnanti di sostegno: l'odissea delle famiglie

Domenica 8 Ottobre 2017 di Raffaella Ianuale
Bimbi disabili senza insegnanti di sostegno: l'odissea delle famiglie
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VENEZIA - Corre dalla mattina alla sera, combatte tutti i giorni in difesa del figlio disabile e in tanto affanno è stata pure licenziata. Malgrado questo si considera fortunata perché il bimbo è riuscito ad avere la stessa insegnante di sostegno dello scorso anno. Appena l’ha vista il bambino si è nascosto dietro le gambe della mamma, faceva il timidone mentre gli scendevano le lacrime per l’emozione. Un momento magico per il piccolo di 9 anni affetto da autismo e un sospiro di sollievo per la mamma. Il primo, dopo la tensione di avvio d’anno scolastico. Perché per il genitore di un bambino disabile non c’è solo il grembiulino, lo zainetto e i quaderni. C’è la grande incognita: se avrà l’insegnante di sostegno, per quante ore, se sarà all’altezza. E se non c’è chi lo può seguire, potrò lasciarlo a scuola o dovrò riportarlo a casa? E con il lavoro come faccio...

«È stressante confidare nel capriccio della sorte e non nella certezza del diritto - racconta Paola Banovaz, 44 anni, mamma del bambino, ora in terza elementare in una scuola di Mestre, che ha pianto dalla gioia nel rivedere la “sua” insegnante di sostegno - Quest’anno sono stata fortunata, ma la mamma di un bimbo tetraplegico lo ha dovuto riportare a casa perché per lui il sostegno ancora non c’era. Mentre un bambino autistico come mio figlio ha ottenuto solo 5 ore alla settimana di sostegno e non 22 come gli spetterebbe: è figlio di stranieri e mi vien da dire che se conosci poco la lingua italiana e ancora meno la nostra burocrazia, le possibilità di far valere i tuoi diritti si riducono a zero. Ci sentiamo, noi genitori di ragazzi con disabilità, figli di un Dio minore, incapaci di difendere i diritti dei nostri bambini. Iniziamo il cammino che siamo agguerriti e strada facendo ci spegniamo».
Nelle parole della mamma la carenza di docenti di sostegno e la mancanza di continuità didattica per i famigliari dei 16.424 studenti disabili del Veneto. Per molti di loro l’insegnante di sostegno con adeguata formazione non c’è: dei 1.743 posti messi in ruolo quest’anno, 1.500 sono rimasti vuoti, e in un secondo momento occupati da precari “generici”. I 560 posti per la specializzazione delle università venete non sono infatti sufficienti a soddisfare le esigenze.

IL VALZER DEI PROF
«La mancanza di continuità didattica è un disastro - continua la mamma - mio figlio è socievole e comunicativo, ma il suo linguaggio ha poche parole e molti gesti. Quindi bisogna imparare il suo modo di esprimersi e ci vuole tempo. Ha anche grandi passioni, spesso bizzarre, ma indispensabili per attrarre la sua attenzione e distoglierlo dall’iperattività. Ogni volta che cambia l’insegnante di sostegno si smonta tutto il lavoro fatto». Perché il docente deve ricomprendere l’intelligenza di questo bambino autistico che non guarda i cartoni animati e predilige i telegiornali. Adora Macron, è attratto da Donald Trump e ora ha scoperto pure il coreano Kim. «Se gli mostri una foto di Trump riesci ad insegnargli qualsiasi cosa» sorride Paola. Ma anche la musica, di qualsiasi tipo, lo conquista. Quando un insegnante apprende gusti e passioni del bambino ha le chiavi per entrare nel suo mondo. Ma tutto si infrange ogni volta che il prof precario se ne va.

LE DELUSIONI
Paola, come tutti i genitori nelle sue condizioni, era entusiasta quando la ministra Valeria Fedeli aveva annunciato che ai bambini disabili sarebbe stata garantita la continuità didattica, grazie alla legge sulla “Buona scuola”. Ma è stata una bolla di sapone. «Eravamo felici, ho scritto al ministero chiedendo l’insegnante dell’anno scorso e mi hanno risposto che la legge c’è, ma non i decreti attuativi». L’ennesima delusione che si somma ai compartimenti stagni dei percorsi di crescita a favore di questi bimbi. «Mio figlio, come altri, fa psicomotricità, logopedia, frequenta un centro diurno: sarebbe fondamentale che chi segue il bambino comunicasse con la scuola, anche per dare supporto agli insegnanti. Invece non c’è alcun contatto tra servizi e scuola e tutto viene lasciato al caso».
Ogni cosa per queste famiglie è frustrazione. Come l’ingresso anticipato negato perché la cooperativa che lo gestisce non ha personale per accudire i disabili, costringendo così i genitori che lavorano a chiedere permessi su permessi, orari ridotti, part-time. «E a volte, se lavori nel settore privato, nemmeno basta» dice Paola Banovaz che lo scorso febbraio, rientrata al lavoro dopo un permesso per seguire il figlio, si è trovata la lettera di licenziamento sulla scrivania: «Abbiamo la sensazione di essere relegati ai margini. C’è sempre un gioco al ribasso ed è tutta una fatica. Io di natura sono una persona pacifica e non voglio svegliarmi ogni mattina con il coltello tra i denti. Ma se non fai così non ottieni nulla».
Ultimo aggiornamento: 9 Ottobre, 17:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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