Botte dai bulli: «Mio figlio ha paura. Quelli minacciano anche i prof»

Mercoledì 4 Ottobre 2017 di Annamaria Parisi
Botte dai bulli: «Mio figlio ha paura. Quelli minacciano anche i prof»
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MIRANO - «Mio figlio ha paura, non parla dell'accaduto ma non ha più il coraggio di tornare in classe. E la scuola non ci ha neppure contattati. Pensi che dopo il pugno in faccia aveva un occhio tutto rosso e tumefatto e non si reggeva in piedi». Chi parla è il papà del bimbo straniero perseguitato dai bulli nel bagno di una scuola media del miranese. La famiglia, arrivata in Italia da poco vive in zona da alcuni mesi, per questo tutti a casa masticano un italiano stentato compreso il figlio picchiato che frequenta la prima media nonostante i suoi 12 anni compiuti a maggio scorso. Scelta decisa a tavolino per avere il giusto tempo per potersi integrare anche con la nostra lingua. 

LA CONVALESCENZA
Questa difficoltà con la lingua sembra essere tra gli assurdi motivi della violenta aggressione subita il 28 settembre scorso, e a causa della quale per i traumi riportati il ragazzino è ancora in convalescenza, come certificato dai referti ospedalieri di Dolo del 28 e 29 settembre, giorno delle dimissioni. «Adesso è ancora a casa, impaurito ma almeno più tranquillo. Il medico dell'ospedale ci attende per la visita di controllo tra 10 giorni», continua a raccontare il papà.

BABY GANG
E già tra altri genitori si fanno i nomi e cognomi della baby gang dove in primo piano spiccherebbe pure la figura del leader dalla forte e spiccata personalità. «A scuola tutti tra gli studenti italiani e stranieri sanno cosa è successo; venerdì dopo l'aggressione tra i corridoi non si parlava d'altro: del bimbo picchiato dai grandi nel bagno della scuola». I bulli, tutti italiani e di terza media, sarebbero gli stessi che riserverebbero anche ad alcuni professori minacce e frasi ingiuriose durante le lezioni. Il 29 settembre, il giorno successivo al pestaggio avrebbero pure rigato le auto di alcuni docenti; non si esclude come atto intimidatorio perché non parlassero.

Un Istituto insomma in balia di alcuni ragazzini violenti in un clima di assordante silenzio. «Del resto- incalza il papà del bimbo aggredito- la preside non ci ha mai chiamati per chiederci come stesse nostro figlio né per farci le scuse per quanto accaduto.

Unica telefonata, ieri pomeriggio per avere le copie dei certificati dell'ospedale», prosegue sconsolato. Coincidenza vuole che la richiesta sia stata inoltrata dopo la nostra visita alla scuola, che nella persona della vice dirigente aveva sostenuto che senza una denuncia formale non si potrebbe procedere con atti formali nonostante una già avviata inchiesta interna.

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