Alex Zanardi: «Mi piace trasformare l'impossibile in possibile»

Martedì 3 Ottobre 2017 di Gianluca Salvagno
Alex Zanardi: «Mi piace trasformare l'impossibile in possibile»

 Il 15 settembre 2001 gli diedero l’estrema unzione, dopo il terribile incidente sul circuito tedesco di Lausitzring nel quale perse entrambe le gambe.
Domenica 1 ottobre 2017, Alex Zanardi, bolognese di nascita e padovano d’adozione (vive a Noventa Padovana dal 2005) è stato il primo atleta disabile ad abbattere il muro delle 9 ore (8h 58’59’’) in un Iroman full distance, quello di Barcellona, il suo quarto: 226 km totali tra nuoto, bici e corsa. Il primo atleta disabile al mondo a entrare nel club dei “subnine” del triathlon, la cerchia ristretta di chi è riuscito a scendere sotto le 9 ore in un Iroman.
È in auto a Nizza insieme alla moglie, di rientro in Veneto, quando risponde. E fatica, giustamente, a trattenere la sua gioia nel raccontare un’impresa pazzesca.
«Sono orgoglioso di essermi distinto - risponde con voce pimpante - orgoglioso di essere il primo disabile al mondo a farcela, chiunque altro ci riuscirà sarà sempre secondo, nessuno potrà portarmi via il mio record. Molti atleti mi hanno fatto i complimenti in Spagna, sono felicissimo. Gli ultimi chilometri della maratona sono stati durissimi, devo ringraziare chi mi ha incitato e soprattutto mia moglie... ma ora sto già pensando al mio prossimo Iroman e lei con me».
Dica la verità: ci credeva o ci sperava in un risultato del genere?
«Diciamo che mi piace trasformare l’impossibile in possibile, sovvertire i pronostici. Ho lavorato con impegno per raggiungere questo obiettivo, anche se solo di un minuto, sapevo di potercela fare. E ci sono riuscito grazie a una grandissima prova in handbike, 180 km a 37,09 km/h di media, più di quanto sperassi, perché in realtà nella maratona metà percorso era sterrato, e spingere la carrozzina è stato davvero faticoso. Per dare l’idea nei 42 km della maratona ci ho messo mezz’ora in più rispetto al mio precedente Iroman di quest’anno a Klagenfurt a luglio».
E qual è stato il segreto di una frazione di bici così veloce?
«Sono un grande “trafficone” fin dai tempi dell’automobilismo, mi piace stare nel mio garage a casa a sistemarmi i mezzi al meglio e nel paraciclismo, da questo punto di vista, ho trovato una miniera d’oro. Ho preparato un mezzo a puntino, una handbike studiata per le grandi distanze pianeggianti, come la gara di Barcellona, grazie agli amici della Dallara automobili che mi hanno aiutato a pensare alcuni componenti e alla mano della padovana Bonetti Cicli di Campo San Martino che ha sviluppato il mio progetto. Stessa cosa per la carrozzina da corsa, che ora devo modificare meglio, sono un ragazzino da quanto mi diverto a sistemare i miei mezzi».
Alla fine, quindi, abitare in provincia di Padova le è stato pure utile...
«Certo, peraltro mi trovo benissimo a Noventa Padovana. Mi sono stabilito nel 2005 quando mio figlio iniziava la scuola, dovevamo decidere con mia moglie un posto dove fermarci. Avevamo vissuto negli Stati Uniti, nel Principato di Monaco, il mondo ci sembrava piccolo e abbiamo trovato questa bellissima casa che ci è piaciuta subito. Poteva essere anche a Bologna, ma abbiamo visto questa e abbiamo deciso di fermarci qui».
Tra venti giorni compie 51 anni: ma quanto si allena per avere risultati del genere?
«Vorrei avere molto più tempo per allenarmi se è per questo, anche se poi diventa un modo di auto assolversi davanti alle mille proposte che ti vengono fatte. Io capisco dove voglio andare e punto a quello. Diciamo che se ho una giornata intera libera, porto mio figlio a scuola e dopo 2 ore dalla colazione inizio ad allenarmi. Per l’Iroman faccio 4 giorni di grande quantità e due/tre giorni di recupero. Per questo ad esempio, con la handbike andavo verso Bovolenta e Chioggia, altrimenti vado vicino casa sui Colli Euganei. Al sabato provavo un mezzo Iroman completo, 2 km a nuoto, 90 in bici e 21 in carrozzina da corsa. Se invece mi alleno per Olimpiadi o Mondiali è un lavoro minore ma quotidiano, attorno alle 20 ore a settimana».
A Barcellona ha chiuso la frazione di nuoto in 1h10’, tempo di tutto rispetto anche per un agonista normodotato. Dove si allena?
«A casa ho una piscina di 12 metri... sono 160 vasche se mi alleno per un “mezzo”, 360 per un Iroman completo... sì lo so sono matto!».
Sarà anche matto, ma che forza di volontà ci vuole?
«Ma io sono sempre stato così: anche quando avevo le gambe correvo per ore sul tapis roulant sognando e fantasticando».
E che bicipiti ci vogliono?
«Sono i tortellini e la carne di cavallo che mangio... poi reintegro con marmellata d’arancio e Grana Padano. In realtà sono assolutamente convinto che bisogna darsi un obiettivo divertendosi per farcela, più che cercare il risultato a ogni costo. L’ambizione ti può portare a superare l’avversario a un centimetro dal traguardo, ma è la passione l’unica cosa che ti porta fino a quella linea».
 

Ultimo aggiornamento: 4 Ottobre, 20:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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