Quei ragazzi che non hanno la cultura del lavoro

Mercoledì 13 Settembre 2017
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Caro Direttore,
mi ha impressionato la risposta data da un ragazzo in cerca di lavoro, ad un imprenditore che cercava giovani da assumere: «Alla sera esco spesso, quindi non so se tutte le mattine potrei presentarmi alle 8».
Testuale! Non so che cosa sia successo negli ultimi 20 anni, né di chi sia la responsabilità, ma è certo che molti imprenditori che guidano aziende all'avanguardia, si lamentano di come sia difficile, se non impossibile reperire la mano d'opera che serve. Non so quanto responsabile sia la famiglia per questo stato di cose, né se sia la cattiva organizzazione scolastica o cos'altro ancora. So di certo che quando si dice che i giovani italiani non vogliono più fare certi lavori è una verità, almeno parziale e questo mi sembra poco incoraggiante per il nostro avvenire.

Gino De Carli

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Caro lettore,
la domanda da farsi è un'altra: quel ragazzo come può pensare di vivere senza lavorare? Come pensa di mantenersi? Come immagina di costruirsi una vita e una famiglia? Evidentemente può permettersi di non avere queste preoccupazioni. E ritiene che non siano importanti. Perché è un figlio di papa? No, semplicemente perché è il figlio di una società iper-assistita in cui il lavoro non è un più un valore assoluto, non è più il perno intorno al quale ruota la vita delle persone.
Quel ragazzo è figlio di una cultura che predica e invoca redditi di cittadinanza, che ritiene cioè di dover spendere risorse pubbliche in enorme quantità non per creare occasioni di lavoro, ma per creare cittadini che possono evitare di lavorare. E che non hanno intenzione di presentarsi in fabbrica o in ufficio alle 8 di mattina.
Ultimo aggiornamento: 13:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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