Rischio numeri, lo ius soli affonda, il Senato cancella il voto dal calendario. Il Pd: «Non c'è maggioranza»

Martedì 12 Settembre 2017 di Claudio Marincola
Rischio numeri, lo ius soli affonda, il Senato cancella il voto dal calendario. Il Pd: «Non c'è maggioranza»

Ius soli rinviato a data da destinarsi: la legge sulla cittadinanza per i cittadini stranieri nati in Italia non sarà votata nemmeno a settembre. Così ha stabilito la Conferenza dei capigruppo del Senato e così ha confermato l'aula. Uno slittamento che rende evidente la volontà del Pd di non forzare la mano nella maggioranza, privilegiando l'alleanza e gli equilibri con Ap, contraria al testo, e che conferma per l'ennesima volta l'incertezza dei numeri a Palazzo Mdama della coalizione che sostiene il governo. Ammette Luigi Zanda, capogruppo dem al Senato: «Le leggi hanno bisogno di una maggioranza e in questo momento non c'è. I gruppi che hanno votato il provvedimento alla Camera - spiega - mostrano di non volerlo votare in Senato».

GLI EQUILIBRI
Il governo non vuole neppure rischiare di turbare i già fragili equilibri della maggioranza prima dell'approvazione, a fine mese, del Def che richiede, includendo la nota di variazione di bilancio, un voto a maggioranza assoluta, ovvero 161 voti, una quota che difficilmente a Palazzo Madama si è raggiunta negli ultimi tempi. Il nuovo stop era nell'aria da giorni e, nonostante l'insistenza della sinistra, il Pd ha deciso di non andare avanti. Mdp e Sinistra italiana, che avrebbero voluto accelerare i tempi e andare avanti sulla cittadinanza parlano di «resa», di «debolezza», ma Anna Finocchiaro, ministra per i Rapporti con il Parlamento, assicura: «Ius soli temperato e ius culturae rappresentano un tassello per noi essenziale». Il varo del provvedimento, osteggiato da Ap e dal centrodestra, è rinviato a data da destinarsi, quando, parole della ministra, ci saranno «le condizioni politiche per approvarlo». Anche se da palazzo Chigi trapelano rassicurazioni alla sinistra: la partita non è ancora del tutto chiusa.
Esultano comunque i centristi di Alfano, per Ap «vince il buon senso visto che le priorità del paese sono altre». Esultano anche le opposizioni da Fi ai grillini, per i quali «una valutazione su una legge così importante andrebbe fatta dai cittadini tramite referendum».

A MONTECITORIO
Alla Camera, nelle stesse ore, si andava avanti con l'esame, e poi con l'approvazione, del reato di propaganda fascista e nazifascista che introduce l'articolo 293-bis del codice penale (261 sì, 122 no e 15 astenuti). Propagandare i contenuti del partito fascista o o di quello nazifascita tedesco, distribuire, produrre, diffondere o vendere «beni o simboli a essi chiaramente riferiti», d'ora in poi potrà comportare la reclusione da sei mesi a 2 anni di carcere. La pena verrà aumentata di un terzo se il reato verrà commesso con l'uso di strumenti telematici o informatici.

LE POSIZIONI
Il primo firmatario della legge, il pd Emanuele Fiano, ha molto insistito sulla necessità del provvedimento, «difendiamo la libertà, condanniamo l'apologia, non vogliamo limitare la libertà di opinione ma impedire che la nostra libertà sia offuscata dal fascismo». E' bastato quel richiamo all'antifascismo 2.0, anche digitale, a ricompattare per un giorno i pianeti dispersi della sinistra ma non a superare le perplessità di tanti, anche democrat, che in camera caritatis, tra un voto e l'altro, confessavano il loro stupore per l'urgenza e l'utilità di un provvedimento di difficile applicazione, che si aggiunge alla legge Scelba del 1952 e alla legge Mancino del 1993. Contrari e accalorati gli interventi di FI, Fdi, Lega Nord e M5S.
Nel testo emendato è scomparsa la parola immagini che avrebbe trasformato il lavoro delle procure in una disputa iconoclasta ma è rimasta l'estensione del reato per chi «pubblicamente propaganda la simbologia e o la gestualità del partito fascista e dei relativi metodi sovversivi del sistema democratico».

Ultimo aggiornamento: 13 Settembre, 19:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA