Presto però presto mi è salita la scimmia e ho sentito la necessità di andarmi a rivedere la pellicola originale. Non pago della visione, per smania di completezza mi sono ripromesso di arrivare a marzo avendo guardato anche il secondo film, Innocence (2004), e le tre serie televisive con annessi un paio di speciali uscite in Giappone (ci sarebbero anche i videogame, ma credo che lascerò stare), passando però dalla lettura del manga scritto e disegnato da Shirow Masamune nel 1991, da cui è stata tratta tutta la serie.
La storia è ambientata in un futuro prossimo (dal 2029 in poi), dove i cyborg (organismi cibernetici – esseri umani con una o più parti del corpo artificiali) sono comuni. E proprio un cyborg è la protagonista attorno a cui Shirow Masamune costruisce la vicenda: il maggiore Motoko Kusanagi, membro della sezione 9 della Polizia. Rispetto all'adattamento cinematografico in cui il regista Mamoru Oshii vola alto portando in primo piano le implicazioni filosofiche, il fumetto è decisamente più scanzonato grazie anche alla versatilità del tratto di Shirow Masamune, capace di passare in un amen da scene d'azione di straordinario realismo e dinamismo a momenti comici spassosi, con i volti dei personaggi deformati e situazioni al limite del demenziale, dimostrando una eccezionale padronanza dei diversi registri; all'autore giapponese non manca inoltre un certo gusto per i momenti erotici. La lettura risulta un tantinello faticosa, specie là dove il nostro fa usare ai personaggi un linguaggio infarcito di riferimenti scientifico-tecnologici o si diffonde in dotti approfondimenti sulla tecnologia minuziosamente disegnata (considerate che oltre alle note ai margini e fra le vignette, alla fine del volume ci sono altre tre pagine di annotazioni; almeno però saprete cosa diavolo è un detector anti-edorno).
Mentre leggevo la mia mente è andata a un libro che ho divorato di recente, Multiple Warheads, splendido lavoro del fumettista americano Brandon Graham.
Il tratto è completamente diverso da quello dell'autore giapponese, tondo e uniforme mentre l'altro era modulato fino al virtuosismo. C'è però una vaga assonanza nel modo e nel ritmo della narrazione, dovuta alla costruzione delle tavole, dove l'architettura delle vignette diventa funzionale al racconto; in modo più contenuto e classico nel giapponese, che nelle parti in bianco e nero si limita a “giocare” con le dimensioni delle vignette nella griglia, per lasciarsi andare nelle parti a colore, mentre l'americano è di un'inventiva compositiva incontenibile, che imprime grande dinamismo alle sue tavole. In Multiple Warheads ritroviamo le atmosfere cyberpunk e il gusto per la tecnologia, ma soprattutto troviamo tavole che sono una gioia per gli occhi: di pagina in pagina Graham lascia correre la propria fantasia a briglie sciolte e mentre ci racconta il viaggio di Sessica e Nikoli – una trafficante d'organi e il suo fidanzato semi-licantropo – dalla Città Rossa alla Città Impossibile, o quello di Nura – “collega” di Sessica - costruisce o meglio crea un mondo di ambientazione post sovietica che lascia a bocca aperta e quasi stordisce per quantità e qualità di invenzioni. Le doppie splash page fanno venire le vertigini e ci si perde tra i dettagli disseminati in ogni vignetta, dove anche la più minuscola scritta in una toppa su una uniforme di un personaggio di passaggio o l'etichetta di una bottiglia nascondono calembour che fanno pensare a Jacovitti. Qualcosa di simile c'è anche in Ghost in the Shell, quando Mokoto Kusanagi attraversa il mercato sotterraneo, dove umani, cyborg e robot si mescolano e ci si perde nei dettagli disseminati nelle vignette; sugli scatoloni della merce in vendita sulle bancarelle c'è scritto di tutto, e fra “le pantofole preferite della Regina Elisabetta” e una “bambola gonfiabile” spiccano le “tavole originali di Masamune Shirow”, vendute a pochi yen.
Grazie alle infinite possibilità che internet ci offre, sono andato a compulsare il profilo Twitter di Graham, fino a imbattermi in una serie di tavole realizzate per il mensile Image+ (periodico che presenta le novità della case editrice e ospita contributi di vari fumettisti) dal titolo programmatico “Comics lover”. In una di queste Graham analizza – tu guarda – un lavoro di Shirow Masamune, Appleseed, immergendosi nelle tavole del maestro giapponese sotto forma di fumetto nel fumetto. Nello spazio contenuto di una pagina Graham riesce a dire/disegnare in modo semplice una cosa molto importante: è nello spazio bianco fra i margini delle vignette che si compie una buona parte del processo che porta alla nascita di quello che chiamiamo fumetto. Vediamo come.
I finished the 5th IMAGE PLUS comic I do every month. pic.twitter.com/SBtQZxbNU8
— Brandon Graham (@royalboiler) 9 agosto 2016
Nella parte bassa della tavola Graham ridisegna una sequenza di quattro vignette: (1) i due protagonisti di Appleseed – Deunan e Briareos - stanno parlando in un parco mentre dei bambini giocano; (2) un venditore di gelati con il suo furgoncino, circondato dagli stessi bambini di prima; (3) inquadratura ravvicinata di Deunan che parla; (4) i due protagonisti che camminano fianco a fianco con un cono gelato in mano. “Come se in qualche modo lo avessero preso fra una vignetta e l'altra” nota l'alter ego di Graham, le cui mani sono disegnate appoggiate al bordo della vignetta, mentre lui scruta lo spazio bianco come a cercare il momento dell'acquisto. “(Shirow Masamune) ci ha dato abbastanza informazioni visive per trasmetterci quello che gli serviva”, ossia che i due hanno preso un gelato, senza che abbia dovuto disegnare la scena; conclusione che, si badi bene, viene riassunta nel balloon del Brandon-fumetto da un'equazione disegnata e non affidata alle parole. “Praticamente è scienza dei fumetti – conclude – Mi piace questa roba”.
Piace parecchio anche a me, e a voi? Ultimo aggiornamento: 31-10-2016 18:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA