Salone del Gusto punta all'amicizia tra i popoli.
Carlo Petrini: "L'Europa alza i muri, il cibo unisce"

Martedì 1 Marzo 2016 di Gigi Padovani
Carlo Petrini
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TORINO - E’ stato presentata a Torino l’edizione 2016 del Salone del Gusto, che si svolgerà dal 22 al 26 settembre nelle vie e nei parchi della capitale subalpina. «Una iniezione di cultura per la nostra regione – ha detto il governatore del Piemonte, Sergio Chiamparino – che ci ha permesso di costruire una filiera forte attorno al cibo di qualità, all’agricoltura sostenibile, ai prodotti del territorio, con un positivo impatto per la nostra economia».

Ha aggiunto il sindaco di Torino, Piero Fassino, che con la Regione Piemonte sostiene da sempre la kermesse: «Il cibo è cultura, identità, relazione e Torino si candida a esserne sempre più una capitale». Carlo Petrini, fondatore trent’anni fa del movimento della chiocciola e presidente di Slow Food Internazionale, ha lanciato una campagna di ospitalità affinché nelle case dei piemontesi siano accolti i 2500 delegati di Terra Madre, l’assemblea di comunità di agricoltori, artigiani, pescatori che accompagna il Salone, in arrivo da tutto il mondo. E ha sostenuto che la manifestazione è una forma di diplomazia contro i muri sorti in Europa, come spiega in questa intervista. 

* Il Salone del gusto, dopo vent’anni, cambia nome e formula: non sarà più a Lingotto Fiere di Torino, dove un tempo c’era la Fiat, ma si spargerà nella città, tra castelli, parchi, sale auliche. Perché, Carlo Petrini? 

«Abbiamo deciso, con una certa audacia, di aprirci alla città, raccogliendo i frutti di un’avventura che ha varcato gli oceani e raduna comunità del cibo da 170 nazioni. Ormai questo appuntamento è un pezzo di diplomazia del nostro Paese». 

* Il nuovo nome è Terra Madre Salone del Gusto, e si svolgerà dal 22 al 26 settembre, un mese prima del solito appuntamento. Il cibo è al centro di tutto, ormai. Si aspettava questo interesse? 

«Le tematiche che abbiamo individuato dodici anni fa sono ormai nel cuore delle agende politiche mondiali, come dimostra anche l’America con Bernie Sanders, un leader che non nasce per caso». 

* Lei ha detto in conferenza stampa che è stata più importante l’Enciclica di Papa Francesco “Laudato si” che l’Expo 2015: perché? 

«Francesco parla della difesa della casa comune: quel documento è un punto di non ritorno nell’ecologia, che diventa integrale. Quella visione coinvolge la giustizia sociale, il diritto dei popoli alla biodiversità, la difesa dell’ecosistema, il pericolo che la stessa agricoltura intensiva costituisca un fattore di inquinamento. Sono i temi di cui discuteremo a Terra Madre, con l’arrivo in Italia di migliaia di contadini, pescatori, artigiani del cibo. Un campesino del Perù o dell’Amazzonia che viene qui a discutere e a confrontarsi torna a casa con un progetto e una maggiore autostima per continuare le sue battaglie». 

* Lei parla di amicizia tra i popoli in nome del cibo. Però l’Europa alza i muri. 

«Naturalmente io non ho facili soluzioni da proporre, per questo problema. Bisogna però mettere in campo un coordinamento più efficace delle politiche europee. Per quanto riguarda la Siria, va anche considerato il disastro agricolo che là sta avvenendo. E’ giusto avere attenzione alle popolazioni, alle vittime dei bombardamenti, ma non dimentichiamo che l’agricoltura siriana è in ginocchio e si preannuncia una carestia epocale: non ci sarà cibo a sufficienza per 12 milioni di persone. Terra Madre porterà questa denuncia in modo molto deciso». 

* Lo spirito di fratellanza che nasce dalle spezzare insieme il pane si è perso definitivamente? 

«Non è così. Nelle comunità di Terra Madre il senso della fratellanza c’è. Anche Lampedusa lo dimostra in maniera chiara. Purtroppo in alcuni Paesi manca il senso di una politica adeguata. Alcune nazioni, che pure hanno un grande passato di popoli dediti all’agricoltura, non hanno imparato niente dal senso di reciprocità che la cultura contadina porta in sé. Spero che questo sentimento possa prevalere: i muri non servono e sono un disastro culturale». 

* Le organizzazioni agricole italiane hanno protestato contro la scelta dell’Unione Europea di allargare le importazioni all’olio tunisino. Bisogna alzare di nuovo i dazi doganali? 

«C’è una via di mezzo. Non posso permettere che le comunità agricole locali, come quella italiana, siano sotto schiaffo da parte di Paesi che fanno dumping. Se si esporta sotto costo grazie a regole igienico-sanitarie più blande, sfruttando le persone, non sono d’accordo. E’ diverso che accogliere il lavoro degli altri».
Ultimo aggiornamento: 2 Marzo, 11:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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