L'omicida di Pozzis saggio eremita letterario

Giovedì 22 Maggio 2014
L'omicida di Pozzis saggio eremita letterario
Un omicida reo confesso, condannato in tre gradi di giudizio, per la legge italiana. Una brava persona per famigliari e amici, molti dei quali bikers che gli fanno visita in Carnia anche dall'estero. Un eremita che ha sfidato il conformismo della civiltà, preferendo la libertà della natura per lo scrittore Mauro Daltin.
Quest'ultimo, ad Alfeo "Cocco" Carnelutti dedica gran parte del suo nuovo libro, "L'ultimo avamposto del mondo" (Biblioteca dell'Immagine, 2014) che raccoglie storie di ieri e di oggi della Val d'Arzino, spaziando tra cosacchi e partigiani russi, indemoniate e appunto il "Cocco" che, originario di Pers di Majano, ha scelto nel 1982 di vivere a Pozzis, paese fantasma sin dagli anni '60. Alla sua insolita figura, l'autore friulano dedica il capitolo più corposo del libro (36 delle 120 pagine totali) presentato la scorsa settimana a Udine durante Vicino/lontano e oggetto di altri due incontri a San Daniele (domani alla libreria Meister, alle ore 19) e il 19 giugno a Pordenone (alla libreria Quo Vadis alle 20.30). Alfeo Carnelutti sarà anche tra gli ospiti dell'appuntamento organizzato dalle associazioni LeggerMentee e Bottega Errante a Pozzis, il 12 luglio. Con Carnelutti e Daltin ci saranno l'operatore culturale e scrittore Paolo Patui, l'attore Claudio Moretti e Angelo Floramo, responsabile della Biblioteca Guarneriana (che firma la postfazione del libro).
Mancherà la giovane albanese che nel giugno del 1996 fu uccisa a Pozzis da "Cocco" Carnelutti: era una prostituta di poco più di vent'anni, "Giuliana", invitata a cena a Pozzis perchè raccontasse dove trovare i protettori di "Albana", l'allora convivente di Carnelutti che era fuggita dal racket della prostituzione. Al suo rifiuto di fare i nomi degli sfruttatori e temendo che lasciandola andare avrebbe rivelato il nascondiglio della compagna, "Cocco" l'aveva uccisa, sparandole un colpo alla schiena e uno alla nuca con una pistola calibro 38 e successivamente aveva occultato il corpo. Solo nel 1999 la polizia, su segnalazione di Albana, che nel frattempo aveva lasciato il compagno, aveva appreso dell'omicidio: a Pozzis, Alfeo aveva subito confessato la sua colpa e portato gli agenti sul luogo dove la vittima era stata sepolta. Nel 2000, l'uomo era stato condannato, con rito abbreviato, a 12 anni e 4 mesi di carcere (pena confermata in Appello e Cassazione), con gli amici che avevano fatto colletta per aiutarlo nella vicenda legale.
Fino al 2001, Albana era rimasta senza identità: di lei si sapevano solo la nazionalità e, appunto, il nome scelto nel suo ambiente. La ragazza uccisa - all'epoca non si usava parlare di uxoricidio - era stata identificata solo dopo che il Gazzettino aveva fornito le sue foto a un quotidiano di Tirana. La famiglia di Entela Zaçaj, originaria di Kuman (paese di 7mila abitanti) non aveva avuto più sue notizie dal 1996. La credeva felice in Italia, dove la giovane aveva raccontato di essersi sposata nascondendo di esser stata costretta a prostituirsi.
Nel suo libro, Daltin scrive di trovare assurda la vicenda riportata dal Gazzettino come da altri quotidiani. «Ho dovuto prendermi una colpa che non avevo» scrive l'autore, facendo parlare in prima persona il protagonista della vicenda. Nel libro non c'è parola della giovane uccisa, del suo corpo occultato per anni, della famiglia costretta ad apprendere dopo 5 anni della disgrazia.
Spazio, invece, al sogno di libertà di chi ha ammesso il delitto, per il quale ha pagato con il carcere, alla sua scelta di vivere tra i boschi, la natura incontaminata, gli affetti, le moto e gli amici. Nel libro di Daltin - licenza narrativa - Alfeo Carnelutti, è «l'ultimo difensore di un mondo perduto, il partigiano di un'etica che non c'è più», che nelle esperienze della sua vita ha maturato una saggezza elementare. Questo "Cocco", prossimo a compiere settant'anni, tornato a vivere nel "suo" borgo, sarà l'ospite il 12 luglio a Pozzis.
La vita di Entela Zaçaj si è interrotta 18 anni fa.
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